MICHELANGELO BUONARROTI E VITTORIA COLONNA
AMORE E MORTE
Di M. Bardotti e S. Cardellini
Credo che le parole di Thomas Mann, riescano a cogliere la passione e al contempo la grazia che legava il più geniale pittore Rinascimentale Michelangelo (1475-1564) alla poetessa Vittoria Colonna (1490-1547), amicizia sigillata dalla profonda contemplazione dell’amore e della morte:
«Quale entusiasmo e che brivido spettrale animano insieme il pensiero che egli esprime nella più alta, forse, delle sue poesie, da lui scritta verso il 1543, quando aveva sessantott’anni: la natura che ha cercato ed errato a lungo fino a giungere “nel tuo divino” e compiuta ormai la sua missione “è vecchia e de’ perire”»! Non c’è nulla di più profondamente sconvolto, di più beatamente angoscioso dei sentimenti con i quali egli contempla il volto di lei, e in cui il massimo del piacere si mescola al presentimento della morte, del traguardo raggiunto, della fine del mondo».[1]
Michelangelo, Disegno di Vittoria Colonna
Così commentato da Thomas Mann: «Creature nel cui volto la mascolinità e la femminilità si fondevano in una maniera che a lui (Michelangelo) pareva divina, come nel meraviglioso disegno che ha fatto di Vittoria Colonna, con quegli occhi così pieni d’anima, di spiritualità, e quella bocca vigorosa, d’una così sensuale bellezza».[2]
Dopo la morte di Vittoria Colonna, avvenuta il 25 febbraio 1547 alla Torre Argentina, in casa dell’unica parente rimastale a Roma, Giulia Colonna, dove fu amorevolmente assistita da alcune suore e dallo stesso Michelangelo, questi inviò nel 1550 una lettera all’amico prete Giovan Francesco Fattucci, cappellano di Santa Maria del Fiore, con alcune sue poesie dedicate a Vittoria:
«Non avendo da scrivere altro, vi mando qualche una delle mie novelle, che io iscrivevo alla marchesa di Pescara, la quale mi voleva grandissimo bene, e io non meno a lei. Morte mi tolse uno grande amico!».[3]
Faccio presente, agli appassionati ricercatori bibliofili, che questa lettera (dove Michelangelo parla di Vittoria Colonna come di un amico) fu pubblicata per la prima volta nel libro tascabile Rime e lettere. Vittoria Colonna. Marchesana di Pescara, G. Barbera Editore, Firenze 1860, p. XXXIX; infatti, nella nota 12 a p. XLVI è scritto dal curatore dell’opera, G. Enrico Saltini, per questo inedito conservato nell’Archivio Buonarroti:
«Ne debbo la notizia alla gentilezza del chiariss. sig. Gaetano Milanesi, direttore dell’Archivio Centrale di Stato, che attende di rendere di pubblica ragione i carteggi e i documenti che riguardano quell’artista immortale».[4]
Fra le poesie inviate all’amico Giovan Francesco Fattucci e dedicate a Vittoria Colonna, riportiamo questi versi:
Un uomo in una donna, anzi uno dio,
per la sua bocca parla,
ond’io per ascoltarla
son fatto tal, che ma’ più sarò mio.
I’ credo ben, po’ ch’io
a me da·llei fu’ tolto,
fuor di me stesso aver di me pietate;
sì sopra ‘l van desio
mi sprona il suo bel volto,
ch’io veggio morte in ogni altra beltate.
O donna che passate
per acque e foco l’alme a’ lieti giorni,
deh, fate c’a me stesso più non torni.[5]
Le Rime di Michelangelo (degne della massima attenzione anche da parte di un poeta della statura di Rainer Maria Rilke che le traduce nella primavera del 1918) sono da considerarsi più un diario dell’anima, fatto anche di fogli e appunti sparsi, che non era destinato a una vera e propria pubblicazione. Operazione, questa, avvenuta dopo la morte dell’artista. Qui di seguito, sul tema da noi trattato della morte tanto caro a Michelangelo quanto quello dell’amore, entrambi presenti nella maggior parte dei suoi componimenti, riportiamo due inizi di sonetti (una sorta di bozza) appuntati sul retro di una lettera di Sebastiano del Piombo a Michelangelo datata 8 giugno 1532.
Vivo della mia morte e, se ben guardo,
felice vivo d’infelice sorte;
e chi viver non sa d’angoscia e morte
nel foco venga, ov’io mi struggo e ardo.[6]
S’i’ vivo più di chi più m’arde e cuoce,
quante più legne o vento il foco accende,
tanto più chi m’uccide mi difende,
e più mi giova dove più mi nuoce.[7]
[1] Lo scritto di Thomas Mann su Michelangelo, pubblicato per la prima volta sulla rivista zurighese “Du” nel 1950 con il titolo Michelangelo in seinen Dichtungen (Michelangelo nelle sue poesie), viene tradotto in lingua italiana da I. A. Chiusano, in Thomas Mann, Tutte le opere, (a cura di) L. Mazzucchetti, Milano 1949-1958 (vol. XII, Scritti minori). Poi rieditato con il titolo L’eros di Michelangelo come postfazione del libro Michelangelo, Rime, Mondadori, Milano 1998, pp. 496-497.
[2] Ivi, p. 497.
[3] Vittoria Colonna, Rime e lettere, G. Barbera Editore, Firenze 1860, p. XXXIX.
[4] Ivi, p. XLVI.
[5] Michelangelo, Rime, cit., pp. 363-364.
[6] Ivi, p. 98.
[7] Ivi, p. 99.
L’autore
Serse Cardellini, poeta, filosofo, antropologo delle religioni, operatore socio-sanitario e operatore in medicina tradizionale cinese. Cofondatore del progetto P.O.A. (Progetto Ospitalità Artisti): progettoospitalitaartisti.wordpress.com
L’autore
Massimiliano Bardotti, poeta, ideatore e conduttore del corso di scrittura: La Poesia è di Tutti. Autore del libro “Il Dio che ho incontrato” (Ed. Nerbini). Cofondatore del progetto P.O.A. (Progetto Ospitalità Artisti): progettoospitalitaartisti.wordpress.com