IL TESTAMENTO BIOLOGICO
di Serena Marchetti
Preliminarmente è opportuno fare chiarezza sul significato attribuito all’espressione “testamento biologico”.
Si intende comunemente per Testamento biologico il documento o lo strumento per mezzo del quale una persona, in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, esprime la sua volontà, incaricando un soggetto terzo di essere esecutore di tale volontà, in ordine ai trattamenti sanitari ai quali vorrebbe o non vorrebbe essere sottoposta, nella eventualità in cui per effetto del decorso infausto di una malattia o in esito a traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso informato o il proprio dissenso rispetto a quei trattamenti. In particolare con tale espressione ci si riferisce a disposizioni che la persona può stabilire anche in altri ambiti oltre quello del trattamento sanitario.
A. Lopes Pegna, in “Terminologia dei documenti di fine vita” scrive: “Documento che indica in un momento in cui si è ancora capaci di intendere e di volere, quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare nel momento in cui subentrerà un’incapacità mentale. Questo documento è chiamato “testamento” perchè può dare disposizioni anche riguardanti l’assistenza religiosa e, una volta avvenuto il decesso, la possibilità del trapianto di organi, di donare il proprio corpo a scopo scientifico o didattico e la decisione se inumare o cremare il proprio corpo. Un testamento biologico è la BIOCARD proposta già dal 1990 dalla Consulta di Bioetica, che prevede la firma di due fiduciari e di un testimone.”
Tra i termini indicanti i documenti di fine vita si evidenziano inoltre:
le Direttive Anticipate di Trattamento (DAT) con cui si intende il documento che: “esprime solamente quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare al momento in cui subentrerà un’incapacità mentale; il termine “direttive” esprime con più forza di “dichiarazioni” che le disposizioni del paziente non possono essere da nessuno diversamente interpretate o cambiate”;
le Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT) con cui si intende un: “documento simile al testamento biologico che esprime anch’esso solamente quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare al momento in cui subentrerà un’incapacità mentale; il termine “dichiarazioni” indica la non assoluta vincolatività del testo, rispetto ai termini “Testamento” o “Direttive” che si riferiscono a documenti che non possono subire variazioni.” cfr. www.saluteinternazionale.it
E’ pacifico che affrontare una questione quale quella del testamento biologico comporta necessariamente dover dare risposta ad una serie di problemi particolarmente complessi non solo da un punto di vista medico ed etico ma anche dal punto di vista giuridico: si tratta infatti di armonizzare e far conciliare due declinazioni non solo teoriche del diritto alla salute, quella del diritto di libertà e quella del diritto di prestazione. L’art. 32 della nostra Costituzione recita: “ la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…” ed al suo secondo comma: “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario…”: quindi se da un lato dobbiamo riconoscere la libertà di ognuno a disporre del proprio corpo, espressione di un implicito riconoscimento del principio di volontarietà dei trattamenti sanitari, dall’altro lato non possiamo ignorare che la Sanità come servizio pubblico è direttamente responsabile per tutto quanto ricade sulla salute dei cittadini.
Il dibattito politico sul testamento biologico si è negli due anni particolarmente intensificato nel nostro Paese, anche se comunque con colpevole ritardo, considerando che dai “casi” Piergiorgio Welby e Eluana Englaro sono trascorsi inutilmente e rispettivamente 11 e 8 anni quanto alla calendarizzazione di una proposta di legge ed alla auspicata approvazione di un testo che ancora ad oggi non abbiamo.
E’ invero stato fatto un tentativo di produzione legislativa con il disegno di legge sul testamento biologico licenziato lo scorso 20 aprile dall’Aula della Camera dei Deputati che è stato trasmesso in Senato, dove in Commissione Igiene e Sanità ora il testo rischia di arenarsi a motivo di migliaia di emendamenti e l’approssimarsi della fine della legislatura palesa l’ipotesi plausibile di non riuscire ancora ad avere una legge ad hoc.
Il testo del DDL riguarda il consenso informato, con relativa disciplina di modalità di espresione e di revoca, legittimazione ad esprimerlo e a riceverlo, ambito e condizioni delle disposizioni anticipate di trattamento con le quali è possibile enunciare come detto i propri orientamenti sul “fine vita” nell’ipotesi in cui sopravvenga una perdita irreversibile di capacità di intendere e di volere ed infene il tema della terapia del dolore.
Per punti salienti:
-Sono dettate le linee generali della disciplina del consenso informato, con la previsione che alcun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge; è fatto espresso richiamo al rispetto dei principi di cui agli articoli 2,13 e 32 della Costituzione e di cui agli articoli 1 (dignità umana), 2 (diritto alla vita) e 3 (diritto all’integrità della persona) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Sono date indicazione circa le regole per l’espressione del consenso da parte dei minori e degli incapaci: per quanto riguarda i primi saranno il tutore o gli esercenti la responsabilità genitoriale ad esprimere o rifiutare il trattamento sanitario, tenuta di conto la volontà dell’interessato, considerate l’età ed il grado di mturita, informando l’intervento alla tutela della dignità così come per i secondi interdett il consenso sarà espresso o rifiutato dal tutore; se nominato un ammonistratore di sostegno, toccherà a questi esprimere o rifiutare il consenso informato.
La relazione di cura e fiducia tra paziente e medico viene valorizzata; essa trova il suo atto fondativo e presupposto nel consenso informato, l’atto nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico; nella relazione di cura è previsto vengano coinvolti se voluto, i familiari, o l’altra parte dell’unione civile, il convivente o persona comunque di fiducia del paziente.
Quanto alle modalità di espresione del consenso, che indipendentemente dalla forma utilizzata verrà posto nella cartella clinica o nel fascicolo elettronico, viene stabilito che debba essere espresso in forma scritta oppure nel caso le condizioni fisiche della persona non consentano di rispettare quest’ultima, attraverso videoregistrazione o altri dispositivi che permettano ala persona con disabilità di comunicare proficuamente. Ad ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere spetta il diritto di rifiutare qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario, così come singoli atti del trattamento stesso, indicato dal medico per la sua patologia; spetta altresì il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato: l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati in cartella clinica o nel fascicolo sanitario elettronico ed al paziente è sempre riconosciuta la possibilità di modificare la propria volontà.
Il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinuciare al medesimo, ed in conseguenza di tale obbligo, è esentato da responsabilità civile e penale. Nel caso in cui il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto a trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico comunica al paziente le conseguenze di tale decisione, le possibili alternative ed aziona ogni tipo di sostegno al paziente, avvalendosi anche dei servizi di assistenza psicologica. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico- assistenziali.
Viene stabilito che il rifiuto o la rinuncia al trattamento sanitario non possono comportare l’abbandono terapeutico; sono inoltre sempre assicurati il coinvolgimento del medico di famiglia e l’erogazione delle cure palliative di cui alla L.n.38/2010 ( Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore). In caso di emergenza o di urgenza il medico, è stabilito, assicura l’assistenza sanitaria indispensabile, rispettando, ove sia possibile la volontà della persona.
In ordine quindi disciplinato il diritto all’iinformazione, qualificato come diritto di ogni persona di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo esaustivo, dunque completo, aggiornato e a lei comprensibile circa: la diagnosi; la prognosi; i benefici e i rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati e le possibili alternative; le conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Anche in questo ambito è previsto il diritto della persona di rifiutare in tutto o in parte di ricevere informazioni e quello di indicare familiari o una persona di fiducia che riceva le informazzioni in sua vece; anche in questo caso sia il rifiuto sia la rinuncia alle informazioni nonché l’indicazione come detto di un incaricato vengono registrati nella cartella clinica o nel fascicolo elettronico.
– Viene affrontato il tema della terapia del dolore e del divieto di irragionevole ostinazione nelle cure in uno con la dignità nella fase finale della vita. Ove vi sia stato il rifiuto o la revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico, il medico è obbligato ad allievare le sofferenze del paziente: a tal fine è garantita un’appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative. Nei casi di prognosi infausta o di imminenza di morte, il medico ha l’obbligo di astensione da ogni forma di irragionevole ostinazione nella somministrazione di cure e dal ricorso a trattamenti non proporzionati o inutili ed in presenza di sofferenze resistenti i trattamenti sanitari, il medico può ricorrere, con il consenso del paziente, alla sedazione palliativa profonda continua associata con la terapia del dolore.
– Vengono previste e disciplinate le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) equivalenti nella sostanza alle suddette Direttive, che vengono definite come l’atto con il quale ogni persoina maaggiorenne capace di intendere e volere, può esprimere le proprie convinzioni in materie di trattamenti sanitari, il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche ed a singoli trattamenti sanitari, in uno con la nutrizione e l’idratazione artificiale; il dichiarante può anche indicare una persona di fiducia. Il medico è tenuto al rispetto delle DAT, che possono disattese in parte o del tutto dal medico stesso, in accordo con il fiduciario ove sia stato indicato, se appaiano patentemente incongrue o non corrispondenti alla situazione clinica attuale del paziente oppure nel caso che sussistano terapie che al momento della sottoscrizione, non erano prevedibili e capaci di fornire possibilità di miglioramento della condizioni di vita dell’interessato. Per le DAT, come abbiamo visto per il consenso informato, in ordine alla forma è previsto la forma scritta, ma ove la persona abbia una forma di disabilità che le impedisca di comunicare, possono essere espresse attraverso videoregistrazione o altri dispositivi.
– Viene prevista la possibilità di definire una pianificazione delle cure condivisa tra paziente e medico alla quale il medico è tenuto ad attenersi, in ordine all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica ed invalidante oppure caratterizzata da inarrestabile evoluzione e prognosi infausta, nel caso il paziente venga a trovarsi nella condizione di non potere esprimere il proprio consenso o si trovi in una condizione di incapacità: la persona interessata e con il suo consenso i familiari, o il convivente o la parte dell’unione civile ovvero una persona di fiducia, sono informati in modo esaustivo delle cure palliative, della possibilità di intervento clinico e di quanto può attendersi realisticamente in termini di qualità della vita e su questo verrà espresso il proprio consenso.
Questo in sintesi il testo che potrebbe costituire una base per una legge che per le ragioni anzidette difficilmente vedrà la luce.
Potremmo dire che la morte ed il periodo della vita che la precede sfidano il diritto a trovare soluzioni all’altezza delle questioni ad essa correlate: la consapevolezza collettiva probabilmente è più pronta a vedere normate le differenti e complesse situazioni, di cui sopra abbiamo con molta sinteticità dato conto, di quanto appaia lo stesso Legislatore.
L’autrice
Serena Marchetti, Avvocato, si occupa da tempo di esecuzione penale.