Gli ultimi mesi trascorsi, dall’inizio del master in Death Studies & the end of life, sono stati fra i più intensi che ho vissuto negli ultimi 12 anni.
12 anni fa ho preso atto ed esperito sulla mia pelle per la prima volta, che può esistere anche nel periodo del fine vita, una modalità armoniosa e dignitosa di vivere quel momento. Fino ad allora immaginavo che angoscia e disperazione sarebbero state le uniche emozioni possibili ad accompagnare malattia e morte, mia o di una persona cara.
Da quel momento ho iniziato ad interessarmi di cure complementari, per poi specializzarmi in naturopatia e discipline olistiche, in una visione che abbracciasse tutte le sfere dell’essere umano e della vita in generale.
Nel tempo ho trovato nel suono e nella vibrazione delle campane tibetane, uno strumento di accesso immediato alla sfera spirituale oltre che un mezzo per riconnettere le varie dimensioni dell’essere umano (fisica, emozionale, mentale) permettendo una comprensione molto più profonda della vita. Lo stato di generale benessere che si ottiene dopo una seduta di armonizzazione sonora ne è la diretta conseguenza.
Molti studi condotti nel periodo gestazionale hanno permesso di comprendere come vibrazione e suono siano le modalità in cui veniamo concepiti e in cui trascorriamo i primi nove mesi di vita. Lavorare con i suoni è quindi come “tornare a casa”, tornando ad una dimensione di naturalità e di contatto con sé. (De Colle – 2014).
Per questo ho deciso, attraverso questo lavoro individuale, di approfondire gli studi esistenti e quanto finora questo strumento sia stato utilizzato nell’ambito del fine vita, perché ritengo che il benessere sia qualcosa da ricercare in ogni momento della vita, anche quando questa sta per giungere alla sua fine terrena. Credo che ogni metodologia o trattamento che possa essere un coadiuvante del benessere del paziente terminale vada valutato e nei contesti in cui è possibile e ritenuto opportuno, inserito all’interno delle procedure di accompagnamento al fine vita.
Questo approfondimento che segue ha l’obiettivo di comprendere se il lavoro con il suono possa offrire una possibilità alla realizzazione di quel complesso processo di “prendersi cura” che può protrarsi fino all’ultimo istante di vita, in un’ottica che rivaluta la dignità del paziente finché il suo cuore batte.
Affinché il “tornare a casa” possa essere un cammino sereno ed il più possibile armonioso.
La visione olistica della vita
Il termine olismo deriva dal greco ὅλος hòlos, cioè totale, globale. Nel paradigma olistico le proprietà di un sistema non posso essere derivate solo attraverso la conoscenza delle singole componenti e in base alla teoria dei sistemi il tutto possiede un significato maggiore e diverso dalla semplice somma delle parti (Bertalanffy, – 1968).
L’uomo è composto da componenti biologiche, emozionali, mentali, spirituali, culturali e sociali connesse con l’ambiente in cui vive. In questa interconnessione inscindibile tra le parti, in cui flussi di informazioni hanno caratteristiche circolari, dinamiche con feedback tra le informazioni, ogni cambiamento di questi livelli influenzerà simultaneamente e istantaneamente tutte le altre parti che compongono il sistema uomo-ambiente (Laszlo – 1968).
La visione terapeutica olistica è indirizzata verso l’individuazione delle risorse e del potenziale del sistema mente-corpo. Il mondo dei sintomi non è più interpretato come dato clinico che richiede un trattamento specifico ma come un nuovo linguaggio, una forma di comunicazione del sistema uomo, con significati più ampi.
Ogni persona rappresenta un sistema unico, diverso da ogni altro individuo, perché la complessità individuale e la sua continua trasformazione nello spazio e nel tempo non permetteranno mai di identificare soggetti con le medesime caratteristiche; ogni persona ha percezioni peculiari del mondo interiore ed esteriore, percezione che muta nel suo divenire esistenziale, fino all’ultimo giorno di vita.
La visione meccanicistica della scienza moderna, invece, concepisce l’essere umano come una macchina-corpo che necessita di riparazioni quando una malattia si presenta; le disabilità sono viste e concepite come entità oggettive, separabili e misurabili che non possono essere influenzate da pensieri ed emozioni.
Ne deriva che ciò che generalmente viene inteso come benessere, nella concezione olistica possa avere connotazioni ben diverse dalla visione meccanicistica. Prendersi cura dello spirito, del corpo, delle emozioni della persona diventa un’azione che porta beneficio a tutto il sistema, indipendentemente dal punto di partenza. Nella tradizione orientale, a cui la visione olistica si rifà in molti aspetti, malattia e salute non sono concetti che appartengono al corpo ma sono intimamente legati al concetto di armonia ed equilibrio delle energie del mondo, dalla relazione tra macrocosmo e microcosmo. Nella medicina tibetana, ad esempio, stato corporeo/materiale e spirituale non sono scissi in quanto costituiti dai medesimi elementi, i quali prendono parte alla fitta rete di interconnessioni e movimenti che appartengono alla danza cosmica.
I concetti stessi di sofferenza, malattia e guarigione possono essere interpretati in modo molto discostante da ciò che generalmente si intende, portando a nuove definizioni di salute, sofferenza, malattia e guarigione. La guarigione è la riconquista del giusto posto nell’universo, un nuovo accordo con il mondo, l’armonia ritrovata. Il malato deve recuperare la pace interiore (Danielou, 1992, pg 31).
La vita vibra
La materia non esiste, tutto è vibrazione. Anche ciò che sembra inerte come una pietra possiede una certa frequenza di vibrazioni. (Pitagora)
Numerosi esperimenti sulle parti infinitesimali della materia hanno dimostrato come, anche nell’atomo, esista, per lo più, spazio vuoto.
Max Karl Ernst Ludwig Planck, il fondatore della teoria quantistica, ha dimostrato che “tutta la materia non esiste che in virtù di una forza che fa vibrare le particelle e mantiene questo minuscolo sistema solare dell’atomo”. Nel suo famoso discorso tenuto a Firenze in occasione del ritiro del premio Nobel nel 1918 dichiarò: “avendo consacrato tutta la mia vita alla Scienza più razionale possibile, lo studio della materia, posso dirvi almeno questo a proposito delle mie ricerche sull’atomo: la materia come tale non esiste! Possiamo supporre al di sotto di questa forza l’esistenza di uno Spirito Intelligente e cosciente. Questo Spirito è la ragione di ogni materia”.
La materia è quindi solo un concetto astratto per descrivere un’oscillazione più lenta della luce. Quello che interpretiamo come colori, profumi, sapori o oggetti fisici sono solo delle specifiche frequenze di vibrazioni, suoni estranei alla percezione uditiva che vengono percepiti dai restanti sensi. La scienza, con l’equazione E=mc2 e con la teoria delle superstringhe, è giunta alla conclusione che il nostro mondo altro non è che un’immensa sinfonia di vibrazioni e che la materia è solo il nostro modo di interpretarne alcune.
quello che abbiamo chiamato materia altro non è che energia, la cui vibrazione è stata abbassata in modo da essere percepibile ai sensi, la materia in sé non esiste (A.Einsten)
La visione moderna della teoria delle stringhe è accomunata a quella cosmologica delle antiche civiltà, nel considerare la vibrazione alla base della Creazione: la vita stessa emana frequenze, in ogni sua forma, sia essa colore, luce, suono, materia, DNA, emozione o pensiero. (Giardi- 2016)
Possiamo affermare quindi che sono le frequenze a creare le linee guida che daranno forma alla materia, basandosi sul principio di Risonanza. Tutto ciò che esiste è interconnesso tramite una fitta e sofisticata rete di comunicazione vibrazionale. Tutto il nostro essere vibra a differenti frequenze, su più livelli: mentale, fisico ed emozionale.
Il corpo è uno strumento, una cassa di risonanza in grado di far propagare i suoni, per effetto delle sue cavità interne e delle sue caratteristiche muscolo-scheletriche. Quando riceve stimoli esterni risponde vibrando ed emettendo a sua volta delle sonorità, sia su frequenze udibili (16-16000 Hz) che non udibili (<16hz; >160000hz). Questo ci permette di sentire non solo con le orecchie ma con tutto il corpo, fin dall’età gestazionale.
L’idea del corpo vibrante è alla base del lavoro in musico e suonoterapia, attraverso il dialogo sonoro fra terapeuta e paziente (De Colle, 2014).
Le onde cerebrali
Ordinari, o straordinari che siano, tutti gli stadi della coscienza umana sono dovuti all’incessante attività elettrochimica del cervello, che si manifesta attraverso onde elettromagnetiche: le Onde Cerebrali. L’elettroencefalogramma dimostra che esistono diversi ritmi dell’attività elettrica cerebrale dipendenti dai diversi livelli di coscienza. I ritmi di questa energia sono misurati in cicli al secondo o Hertz (Hz). Le onde sono suddivise in 4 fasce di frequenza: Delta, Theta, Alfa, Beta. La frequenza dominante determina lo stato in cui si trova il cervello. Ciò che solitamente viene chiamato pensiero è una lunghezza d’onda elettromagnetica delle cellule cerebrali che vibrano. Il cervello è, quindi, anche un generatore di infrasuoni e suoni subliminali.
Onde DELTA
Hanno una frequenza molto bassa, tra 0,1 e 4 Hz e sono associate al più profondo rilassamento psicofisico. Le onde cerebrali a minore frequenza sono quelle proprie della mente inconscia, del sonno senza sogni, dell’abbandono totale. Vengono prodotte durante i processi inconsci di autogenerazione e di autoguarigione.
Onde THETA
La loro frequenza è tra i 4 ed i 8 Hz e sono proprie della mente impegnata in attività di immaginazione, visualizzazione, ispirazione creativa. Tendono ad essere prodotte durante la meditazione profonda, il sogno ad occhi aperti, la fase REM del sonno. Nelle attività di veglia, le onde Theta sono il segno di una conoscenza intuitiva e di una capacità immaginativa radicata nel profondo. Genericamente vengono associate alla creatività e alle attitudini artistiche, all’apprendimento.
Onde ALFA
Hanno una frequenza che varia da 8 a 14 Hz, son tipiche del passaggio dalla fase di sonno a quella di veglia e viceversa. Si instaurano rapidamente quando si chiudono gli occhi e quando l’attenzione del soggetto non sia impegnata in attività mentali richiedenti una certa concentrazione. Sono associate ad uno stato di coscienza vigile ma rilassata. La mente, calma e ricettiva, è concentrata sulla soluzione di problemi esterni, o sul raggiungimento di uno stato meditativo leggero. Le onde Alfa dominano nei momenti introspettivi, o in quelli in cui più acuta è la concentrazione per raggiungere un obiettivo preciso. Sono tipiche dell’attività cerebrale di chi è impegnato in una seduta di meditazione, yoga, taiji. Indicano, in genere, una situazione di benessere psicofisico.
Onde BETA
Hanno una frequenza che varia da 14 a 30 Hz, sono tipiche dello stato di allerta e concentrazione, di attenzione soprattutto agli stimoli esterni. Le onde Beta sono infatti alla base delle fondamentali attività di sopravvivenza, di ordinamento, di selezione e valutazione degli stimoli che provengono dal mondo che ci circonda. Permettono la reazione più veloce e l’esecuzione rapida di azioni. Nei momenti di stress o di ansia le onde Beta permettono di tenere alta la soglia di attenzione e risolvere velocemente i problemi.
Il fenomeno della risonanza
“Ciò che concorda nel tono, vibra assieme” (Confucio)
Nel 1665 il fisico e matematico olandese Christiian Huygens, tra i primi a postulare la teoria ondulatoria della luce, osservò che, disponendo a fianco e sulla stessa parete due pendoli, questi tendevano a sintonizzare il proprio movimento oscillatorio, quasi “volessero assumere lo stesso ritmo” (Huygens – 1673). Dai suoi studi deriva quel fenomeno che oggi viene chiamato Risonanza. Nel caso dei due pendoli, si dice che uno “fa risuonare l’altro” alla propria frequenza. Allo stesso modo e per lo stesso principio, se si percuote un diapason, che produce onde su una determinata frequenza e lo si pone vicino a un secondo diapason “silenzioso”, dopo un breve intervallo quest’ultimo comincia anch’esso a vibrare.
La risonanza è il processo che facilita un trasferimento di energia tra due sistemi vibratori, sistema sorgente e sistema risonante che oscillano con una frequenza uguale o vicina e definisce il trasferimento della vibrazione da un mezzo ad un altro. Il corpo umano è un risonatore a sistema complessi. Per questo motivo la risonanza può essere utilizzata anche nel caso delle onde cerebrali: se il cervello è sottoposto a impulsi (visivi, sonori o elettrici) di una certa frequenza, la sua naturale tendenza è quella di sintonizzarsi. Quindi, se uno stimolo esterno è applicato al cervello, diventa possibile mutare la frequenza delle sue onde. (Muzio – 2005). Per esempio, se una persona si trova nello stato Beta (allarme) e il suo cervello riceve uno stimolo esterno di 10 Hz, che corrisponde allo stato Alfa (rilassamento), allora è probabile che la sua frequenza si modifichi, sincronizzandosi a quella dello stimolo esterno. Pertanto, se l’attività cerebrale di un soggetto è nella banda delle onde Beta (quindi, nello stato di veglia) e il soggetto viene sottoposto per un certo periodo a uno stimolo di 10 Hz (onde Alfa – rilassamento), il suo cervello tenderà a modificare l’attività in direzione dello stimolo ricevuto. Il soggetto passa dunque ad uno stato di rilassamento proprio delle onde Alfa.
Studi scientifici continuano ad affermare il potere della musica nel sincronizzare le frequenze e i ritmi cerebrali creando dei fenomeni di sincronizzazione detti di Entrainment (Large – 2008; Nozaradan – 2011). Si è osservato che se il cervello viene sottoposto a impulsi (visivi, sonori o elettrici) di una certa frequenza, la sua naturale tendenza è quella di sintonizzarsi. Il fenomeno è detto “risposta in frequenza”.
Frequenze
Nella musica si possono distinguere due elementi:
- uno oggettivo: dato dal suono, come frequenza, onda, insieme di onde
- uno soggettivo, dato dalla percezione della musica stessa
Entrambi questi elementi possono concorrere all’utilizzo della musica come benessere, in quanto in alcuni casi viene utilizzata la semplice vibrazione sonora, mentre in altri casi è proprio la modalità di percezione a fare la differenza.
Parlando di suono, si parla di frequenze sonore, di quella banda di frequenze che l’orecchio umano può udire, che è una porzione limitata dell’intera gamma di suoni esistente. L’orecchio umano, orientativamente, riesce a percepire suoni compresi tra i 20 e 20.000Hz. Sotto i 20 Hz si trovano i cosiddetti infrasuoni, oltre i 20.000 Hz si trovano gli ultrasuoni.
Armonia
L’armonia è la combinazione di due o più toni in un accordo. Quando la combinazione ha un suono piacevole, colpisce sia il corpo fisico che quello emozionale e mentale aiutando il corpo fisico ad accordarsi con le vibrazioni spirituali.
Sinestesia
Paolo Mantelli, del Laboratorio Ricerca Educativa (LRE) dell’Università di Firenze ha definito come nel processo di percezione musicale sia importante la cosiddetta “sinestesia”, vale a dire la comunicazione simultanea tra più aree del cervello. Questo tipo di concetto ricalca il fenomeno dell’entanglement della fisica quantistica, elaborato da Schroedinger nel 1935, un processo che afferma come due particelle, venute a contatto in un certo momento, possano scambiarsi informazioni in tempo reale da qualunque punto dello spazio, indipendentemente dalla distanza. (Teodorani – 2007 pg 21)
Nella musica ci si ritrova in una condizione similare avendo una percezione simultanea di due suoni. Il caso del contrappunto, che deriva da più suoni sovrapposti, ne è un esempio. I fenomeni di sinestesia durante l’ascolto del suono delle campane tibetane sono molto frequenti.
Le campane tibetane
Le campane tibetane sono strumenti antichi risalenti all’epoca pre-buddista (cca 3000 a.C), originari del Tibet, ma molto diffusi in Nepal, India, Giappone e Cina. La conoscenza di questi oggetti è giunta in occidente circa 30 anni fa e da subito si è iniziato a descriverne gli effetti che sono stati paragonati a quelli riscontrati attraverso le pratiche meditative.
Secondo la Tradizione indiana il cosmo ha avuto origine dal suono, una delle forme di energia più potenti: il suono originario è l’OM, il suono sacro primario ed il primo movimento vibrazionale da dove veniamo ed al quale ritorneremo.Perciò la musica che è in grado di risvegliare la coscienza del sé, con le vibrazioni sonore primordiali, è considerata sacra. Le ciotole anche per questo sono state utilizzate nell’ambito di cerimonie religiose, e nell’ambito della meditazione.
Le campane in occidente, soprattutto nella tradizione cattolica, segnano e ricordano il legame tra l’uomo e Dio, scandendo il tempo e ricordando i momenti di aggregazione per i riti e le cerimonie. Nella tradizione orientale invece vengono utilizzate per la ricerca di concentrazione e meditazione e sollecitano la consapevolezza del movimento sottile interno.
Ci sono molte opinioni sull’origine delle campane tibetane. La maggior parte delle prove conducono alla tradizione sciamanica.
Le campane sono strumenti tradizionalmente realizzati con una lega di 7 metalli diversi, che secondo la tradizione tibetana sciamanica e l’astrologia tradizionale sono collegati ai 7 astri (Sole -Oro, Luna -Argento, Mercurio – Mercurio, Venere – Rame, Marte – Ferro, Giove – Stagno, Saturno- Piombo). ). Il numero 7 ricorre più volte nella composizione e nell’armonia dell’universo: 7 pianeti principali, 7 giorni della settimana, 7 note. Ogni metallo ha una sua precisa velocità di trasmissione ed è collegato ad una specifica risonanza planetaria. La presenza di questi metalli determina il caratteristico timbro della campana tibetana. Ogni pianeta, infatti, ha una sua specifica frequenza secondo quanto studiato da Hans Cousto e i suoni delle campane tibetane la riproducono fedelmente. Questa relazione è stata definita da Cousto come “legge dell’ottava cosmica” (Pedone – 2013
Le campane sono suonate sfregando o colpendo il bordo della ciotola con un batacchio, un bastoncino avvolto nel cuoio.
I caratteri essenziali del suono sono delle campane sono:
- ALTEZZA: è la frequenza fondamentale percepita di una nota musicale o di un suono; per frequenza s’intende il numero delle vibrazioni prodotte in un secondo. L’unità di misura della frequenza è l’Hertz (Hz). Più la frequenza di un’onda sonora è elevata e più il suono sarà acuto mentre più è bassa e più il suono apparirà grave. L’altezza è definita dall’intensità del tocco del batacchio sulla campana e dalla zona in cui viene colpita.
- INTENSITÀ: è la caratteristica che permette di distinguere i suoni forti da quelli deboli (quello che comunemente viene chiamato volume del suono). L’intensità dipende dall’ampiezza della vibrazione del corpo elastico e si misura in decibel (Db); L’intensità è definita dalla forza che viene impressa dal tocco del batacchio sulla campana.
- TIMBRO: è il “colore del suono”, quella qualità del suono che permette ad esempio di distinguere il suono di una tromba da un violino. Ogni suono è formato da un fascio di suoni che comprende il suono fondamentale ed altri suoni secondari detti suoni armonici o ipertoni. Il timbro dipende principalmente dalla forma dell’onda, ma è influenzato anche dall’intensità e dall’altezza; il movimento della campana fa sì che emergano o meno suoni udibili che quindi generano diversi timbri.
Ciò che caratterizza le campane a livello sonoro è la loro capacità di produrre armonici: ogni campana emette un’onda principale detta armonico fondamentale, corrispondente a quella che l’orecchio distingue con maggiore facilità, che si può identificare con uno specifico suono/nota/frequenza ed una serie pressoché infinita di altre onde – gli armonici naturali.
Il suono delle campane tibetane è ricco di armonici udibili: ascoltando un suono non si ascolta una singola nota ma un insieme di note di cui la più riconoscibile è il primo degli armonici (armonico fondamentale). La ricchezza delle armoniche nel suono delle campane tibetane è data dalla loro forma e dalla diversa natura dei metalli che la compongono. Le campane, quindi, producono più vibrazioni contemporaneamente, sia udibili che non udibili.
La scienza cimatica ha confermato la grande influenza che il suono e la vibrazione esercitano sulle forme della realtà, studiando i cambiamenti delle forme d’onda in diverse sostanze dopo essere stati sottoposti a vibrazione sonora. Il padre della cimatica Hans Jenny riteneva che lo stato di salute dell’essere umano dipendesse dall’armonia musicale presente nell’organismo. (McClellan – 1993).
La vibrazione sonora, indirizzata sul corpo dalle campane tibetane, produce una serie di risonanze positive per l’organismo, portando corpo, mente e spirito al “miglior stato di equilibrio vibrazionale” possibile. La musica delle campane tibetane, in particolare, permette di entrare in contatto con la parte più profonda di sé, favorendo uno stato di meditazione, che permette di ritrovare la sensazione di unità tra corpo e spirito.
La caratteristica principale delle campane sta nella loro capacità di produrre onde sonore in grado di influenzare le particelle sia di chi suona che di chi ascolta. Si crea una “concordanza di fase” – risonanza – per cui due onde tendono ad unirsi e vibrare all’unisono. La struttura armonica del suono rende quindi parafrasando Emilio del Giudice, più “coerente” l’organismo umano.
Armonici
I Suoni Armonici sono una successione di suoni le cui frequenze sono multipli di una nota base chiamata fondamentale; gli armonici presenti e le loro intensità determinano le caratteristiche sonore che definiscono il timbro di qualsiasi strumento o suono.
Le campane tibetane sono in grado di produrre delle onde sonore che creano un suono armonioso in grado di riportare ordine.
L’armonia è data dalla proporzione aurea fra le varie onde sonore che ne conferisce un suono pieno, armonioso e rilassante.
Intervalli
L’intervallo è definito come la differenza di altezza tra due suoni; quindi, è relativo al rapporto tra le frequenze dei suoni stessi. Gli intervalli sono uno degli aspetti più importanti del lavoro con il suono, per le loro caratteristiche ed influenze sullo stato emotivo/mentale della persona che ne ascolta il suono.
I principali sono:
- intervallo di prima/Fondamentale: DO-DO. Questo intervallo dona una sensazione di riposo mentale e fisico e tende a riportare alla luce ricordi sedimentati a livello inconscio. È un intervallo, ad esempio, molto presente nei mantra cantati in modo monotonale. È sempre consonante.
- Intervallo di seconda: es. DO-RE – L’intervallo di seconda è dissonante, crea tensione, tende a smuovere molto a livello energetico emozionale creando movimento. È un intervallo molto difficile da mantenere a lungo e viene utilizzato in tutte quelle situazioni in cui sia necessario dare movimento all’immobilità.
- Intervallo di terza: es. DO-MI – L’intervallo di terza è un intervallo consonante ed evoca leggerezza e gioia andando ad agire sulle emozioni.
- Intervallo di quarta: es. DO-FA – Questo intervallo è lievemente dissonante, crea una lieve tensione che si risolve con l’intervallo successivo di quinta (DO/SOL), tale intervallo tende a stimolare i due lobi cerebrali donando una sensazione di risveglio. È facile ritrovare quest’intervallo nei cori bulgari femminili.
- Intervallo di quinta: es. DO-SOL – Questo intervallo crea apertura ed espansione in ogni direzione provocando un ampio movimento energetico nello spazio. Molto stimolante, utile in apertura per il riequilibrio del sistema energetico centrale (Chakra), porta al massimo i livelli di consapevolezza. Fortemente consonante
- Intervallo di sesta: es. DO-LA – È mediamente consonante ed è l’intervallo più piacevole da ascoltare, molto utilizzato nelle ninne nanne dei bambini, crea pace e benessere senza alcuna tensione o movimento
- Intervallo di settima: es. DO-SI – Questo intervallo è fortemente dissonante e crea molta tensione ma non in maniera paralizzante come quello di seconda; crea, infatti, una tensione che porta ad una crescita della consapevolezza e rappresenta l’ultima dissonanza prima della risoluzione con l’intervallo di ottava. Ha un ruolo fondamentale per l’evoluzione dell’individuo.
- Intervallo di ottava: es. DO-DO – L’intervallo di settima viene risolto in una nuova ottava, completamente consonante, quiete e pace le sensazioni che vengono avvertite con questo intervallo. Un’ottava superiore di pace interiore in espansione verso tutto ciò che è in una nuova dimensione che non vede un ritorno di tipo nostalgico verso il passato (Schmidt & Cavallini, 2015).
Steiner, antroposofo e musicista, nel 1923 illustrò come “nell’esperienza di quinta si sperimenta un’uscita nell’ampio universo; con l’esperienza di terza si ha un ritorno dell’uomo nella propria casa, nella sua organizzazione. In mezzo ci sta l’esperienza di quarta, che è l’esperienza che si trova alla frontiera che separa l’esperienza di quinta (cosmo esteriore) dall’esperienza di terza (interno dell’uomo) L’esperienza di quarta si trova alla frontiera dell’organismo umano”.
Gli intervalli musicali possono avere effetti sostanziali sulle emozioni e sullo stato di salute. Fabien Maman, ricercatore, musicista e agopunturista, afferma che un intervallo è la risonanza di uno spazio musicale, creato dall’esecuzione di due note suonate simultaneamente o separatamente.
L’utilizzo degli intervalli è quindi un elemento fondamentale nella suonoterapia.
L’armonizzazione sonora
Con armonizzazione sonora si intende un qualsiasi trattamento sonoro che preveda l’utilizzo delle campane sfruttandone sia l’effetto vibrazionale, attraverso il massaggio sonoro, sia a livello esclusivamente acustico come nel caso del bagno sonoro. Una seduta di armonizzazione sonora può quindi agire sia a livello fisico che sugli altri piani dell’essere umano.
Massaggio sonoro
Nel massaggio sonoro il ricevente è steso su un lettino, o su un tatami o una superficie imbottita; l’operatore dispone le diverse campane sul corpo del ricevente utilizzando sia la tecnica dello sfregamento sia quello della percussione, dando origine a movimenti vibratori che si propagano lungo tutto il corpo ed il campo vibratorio del ricevente. La capacità del suono di entrare nell’individuo e mettere in vibrazione il corpo, non deve essere necessariamente legato ad un fenomeno acustico ma, assolutamente pervasivo: coinvolge l’intero corpo. La trasmissione del suono e della vibrazione sul corpo è un’esperienza pervasiva perché ogni suono attraversa tutto il corpo, composto in maggior percentuale di acqua, che veicola molto bene il suono. Questo consente alla persona di entrare in un profondo stato di rilassamento favorendo un intimo colloquio con se stesso.
La professionalità dell’operatore lo guiderà nella scelta di quali campane usare, e per quanto tempo e quando operare un cambiamento del suono in sintonia con il corpo vibratorio della persona e l’interazione con i cambiamenti che possono avvenire durante la sessione.
Bagno sonoro
Il bagno sonoro è una tecnica di meditazione e di rilassamento guidato che consente di indurre uno stato di relax e contemplazione attraverso le frequenze sonore. Il ricevente viene “immerso” in un bagno di suoni generati in questo caso dalle campane tibetane, ma anche da gong, diapason o in alcuni casi anche la voce umana (v. cori). La musica non ha una melodia o un ritmo orecchiabile come quelli che normalmente si sperimentano in una canzone o una sinfonia, ma è invece un mix di suoni accuratamente selezionato per la sua risonanza e le sue frequenze.
Quando udiamo il suono di una campana tibetana non è facile individuare la nota fondamentale perché ad essa si aggiungono altre note (armonici udibili) di simile intensità. Ecco perché il suono delle campane tibetane sembra essere un coro di più voci: esse riproducono il canto armonico dei monaci tibetani il canto difonico, diplofonico o triplofonico che, sfruttando le risonanze del tratto vocale, crea degli accordi ad una voce ovvero due o più suoni distinti contemporaneamente.
I benefici dell’armonizzazione sonora
Il suono delle ciotole è in grado di influenzare le frequenze delle onde cerebrali, stimolando dall’esterno il cervello con impulsi sonori; la sua tendenza per il principio di risonanza è quella di sintonizzarsi sulla frequenza dello stimolo ricevuto (effetto risposta in frequenza).
Studiando le campane tibetane, si può ottenere una chiara comprensione del potente effetto, sia spirituale che curativo del loro suono, di quanto il suono trascenda il benessere fisiologico e psicologico. (Humphries, 2010). Le campane tibetane grazie alle vibrazioni armoniche abbassano la frequenza delle onde del cervello da Alfa a Theta e a volte Delta, tipiche della veglia (meditazione profonda/addormentamento). I trattamenti di armonizzazione sonora con le campane tibetane lavorano proprio sulle onde Theta inducendo stati meditativi che, come conseguenza, si traducono in rilassamento, leggerezza mentale, riduzione dello stress e dell’ansia ma anche maggiore contatto con il proprio stato emozionale, attivazione dello stato onirico ed un profondo stato di connessione con se stessi grazie ad una maggiore consapevolezza del momento presente, lasciando andare schemi e tensioni non funzionali all’evoluzione personale.
L’armonizzazione con le campane tibetane porta quindi benessere a vari livelli:
- Fisico: grazie al rilassamento, effetto primario della seduta di armonizzazione, la mente si quieta e il corpo lascia andare le tensioni (con evidenze fisiologiche misurabili su rallentamento del battito cardiaco, postura, tono muscolare); il lavoro sulle emozioni e sullo stato mentale si traducono a livello fisico anche in un miglioramento della qualità del sonno che dona quindi alla persona uno stato di maggiore benessere;
- Emozionale: rallentando le onde cerebrali da Alfa a Theta promuove gli stati meditativi profondi e pacifici; lo stato meditativo permette un maggiore ascolto e quindi contatto con il proprio stato emozionale;
- Mentale/Spirituale: le vibrazioni armoniche delle campane tibetane abbassano la frequenza delle onde del cervello da Alfa a Theta, tipiche degli stati meditativi profondi, inducendo rilassamento, leggerezza mentale, influendo positivamente sul sistema nervoso sugli stati ansiosi, depressivi e sullo stress; grazie allo stato meditativo indotto si acquisisce maggiore consapevolezza del momento presente lasciando andare schemi e tensioni emozionali non funzionali al benessere della persona perché costantemente proiettati nell’ansia del futuro imminente o alla nostalgia per un passato che non tornerà. Lo stato di calma e quiete interiore che se ne ricavano permettono di avere una mente più focalizzata e meno distratta. Ulteriori effetti includono sinestesia, visioni spirituali o un senso di visitazione delle forze divine, perdita di una sensazione di essere vincolati dal tempo lineare, in espansione oltre il corpo fisico e la trascendenza dell’ego.
Studi sugli effetti dell’armonizzazione sonora con le campane tibetane
Diversi studi sulle pratiche di meditazione attraverso il suono con le campane tibetane hanno dimostrato un significativo impatto sia sul piano fisico, con un miglioramento dell’omeostasi fisiologica, sia sull’umore, donando uno stato generale di benessere, riducendo ansia e stress.
Tali risultati sono stati misurati attraverso la rilevazione da diversi parametri quali battito cardiaco, indice di stress e variabilità della frequenza cardiaca.
Lo studio di Panchal, S., Irani, F., & Trivedi, G. Y. del 2020 sugli effetti delle campane tibetane sull’umore dei riceventi pre e post meditazione ha dimostrato un impatto significativo dopo una seduta di bagno sonoro con campane tibetane di 40 minuti. Lo studio ha visto la partecipazione di 105 persone in totale, di cui solo una parte (20) ha consentito anche la misurazione dei parametri fisiologici, mentre tutti gli altri hanno riportato gli effetti ottenuti a livello psicologico attraverso un questionario. Gli effetti si sono rilevati sia a livello fisiologico sia psicologico, sullo stress generale ma anche nella riduzione di ansia e stato depressivo. I parametri considerati sono stati la variabilità della frequenza cardiaca (HRV) che ha evidenziato, dopo una sessione di 40 minuti di armonizzazione sonora, una tendenza generale di riduzione di battito cardiaco (HR), diminuzione dello stress (SI) e un incremento del RMSSD, ovvero la radice quadrata media delle differenze tra intervalli adiacenti, che rappresenta ad oggi il miglior marker della capacità di adattamento dell’organismo in risposta allo stress. Tutti i soggetti coinvolti hanno riportato effetti positivi sull’umore (PA – Positive effects) ed una riduzione degli effetti negativi (NA – Negative effects) dimostrando come le sessioni di bagno sonoro abbiano un impatto positivo sia sull’umore sia sulla fisiologia corporea.
Lo studio di Goldsby, T. L., Goldsby, M. E., McWalters, M., & Mills, P. J. del 2017 invece ha esaminato gli effetti della meditazione sonora su un campione di 62 persone, in particolare la meditazione della campana tibetana, sull’umore, sull’ansia, sul dolore e sul benessere spirituale. Rispetto alla premeditazione, dopo la meditazione sonora i partecipanti hanno riportato una tensione, rabbia, affaticamento e umore depresso significativamente inferiori (tutti Ps <.001). Inoltre, i partecipanti che in precedenza non avevano mai sperimentato questo tipo di meditazione hanno riportato una riduzione significativamente maggiore della tensione rispetto ai partecipanti esperti in questa meditazione (P <.001). La sensazione di benessere spirituale è aumentata significativamente in tutti i partecipanti. La conclusione a cui si è giunti è che la meditazione con la campana tibetana può essere un intervento fattibile a basso costo a bassa tecnologia per ridurre i sentimenti di tensione, ansia e depressione e aumentare il benessere spirituale ed in particolar modo nei confronti degli individui che non hanno praticato in precedenza questa forma di meditazione.
Anche in uno studio sull’impatto delle vibrazioni sonore (Archie, P., Bruera, E., & Cohen, L. (2013) si è visto che queste agiscono sul corpo e sulla mente con prove che confermano una riduzione dell’ansia e un aumento del benessere.
Uno studio interessante del 2018 su frequenze delle campane tibetane e onde cerebrali (Ahn, Kim, You & Bae) ha verificato come il suono delle campane influenzi emozionalmente il ricevente, con variazioni misurate tramite EEG. Per fare questo è stato inizialmente estratto il suono della campana tibetana e la sua conseguente frequenza principale, successivamente è stato fatto ascoltare ad ogni partecipante il suono di una campana e ne sono state misurate le onde cerebrali, ed infine le onde cerebrali degli ascoltatori sono state suddivise e relazionate alle bande di frequenza dei suoni della campana.
Le frequenze caratteristiche delle campane tibetane sono state suddivise in 3 parti:
- <1000 hz
- Da 1000 a 4000 hz
- >4000 hz
Il risultato ha dimostrato che la campana tibetana generalmente produce suoni e vibrazioni in grado di stabilizzare lo stato emozionale. In questo studio le frequenze sono state suddivise fra basse, medie ed alte ed il risultato è che le frequenze basse e medie hanno attivato le onde Gamma, Delta e Theta dei riceventi, un’attivazione cerebrale che aiuta a rendere emozionalmente stabile la persona e crea le condizioni adatte alla meditazione.
Visti gli effetti evidenziati da tutti gli studi presentati fino a qui sull’utilizzo delle campane tibetane, credo non sia così audace un’assonanza degli effetti che la musicoterapia può portare al malato (come evidenziato da Baroni in Musicoterapia in hospice con il malato e i familiari” con quelli della suonoterapia:
- Facilitare il rilassamento muscolare e rilasciare tensioni
- Influire sulla componente soggettiva della percezione del dolore e di altri sintomi disturbanti
- Migliorare il tono dell’umore espresso in termini di percezione soggettiva
- Ricordare e far emergere aspetti ed esperienze piacevoli della propria vita
- Mantenere e recuperare una visione positiva di sé o esperienze riconducibili ad una visione positiva della vita
- Mantenere e/o rafforzare il senso di identità
- Offrire strategie proprie della comunicazione non verbale attraverso l’utilizzo del mediatore sonoro musicale
- Facilitare la condivisione di temi difficili legati a stati di preoccupazione, dubbio, paura, rabbia
- Manifestare ed esprimere ciò che sente, prova o teme circa la propria condizione
- Sostenere la comunicazione con i familiari nel rispetto della volontà di posizione di ognuno
- Facilitare il contenimento dell’ansia
- Sostenere la costruzione della propria autobiografia e la rilettura in chiave positiva della vita trascorsa utilizzando i ricordi suscitati dall’esperienza musicale
- Sostenere il malato nella produzione di significato da dare alla propria vita e nella ricerca di un senso per la propria morte, nel rispetto delle possibilità di ognuno
L’utilizzo delle campane tibetane nel fine vita
Le cure palliative non servono a dare giorni alla vita, ma ad aggiungere vita ai giorni (S.M. Lindstrøm)
La persona non è la malattia: da “to cure a to care”
Quando il dolore si manifesta alla realtà della vita quotidiana di un essere umano come una condizione imposta dalla malattia, esso è aggravato dallo stato di fragilità psicologica del paziente e coinvolge tutte le dimensioni della persona, non soltanto quella somatica. In queste condizioni si parla di dolore totale e “appare chiaro che esso non possa essere affrontato con la sola terapia farmacologica. Si rende necessario un approccio multidimensionale, che tenga conto anche dei bisogni psicologici, spirituali e sociali, che devono essere considerati con attenzione e affrontati contemporaneamente alla cura del dolore fisico”. (Lora Aprile et al., 2010).
A tale proposito anche la carta dei diritti del morente della fondazione Floriani sostiene che chi sta morendo ha diritto a:
- Essere considerato persona sino alla morte
- Essere informato sulle sue condizioni, se lo desidera
- Non essere ingannato e ricevere risposte veritiere
- Partecipare alle decisioni che lo riguardano e al rispetto della sua volontà
- Il sollievo dal dolore e dalla sofferenza
- Cure e assistenza continue nell’ambiente desiderato
- Non subire interventi che prolunghino il morire
- Esprimere le sue emozioni
- L’aiuto psicologico e il conforto spirituale secondo le sue convinzioni e la sua fede
- La vicinanza dei suoi cari
- Non morire nell’isolamento e in solitudine
- Morire in pace e con dignità
È proprio da questi presupposti che la l.38/2010 ha istituzionalizzato le cure palliative in Italia e secondo l’OMS “hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita di pazienti e famiglie impegnate ad affrontare malattie potenzialmente letali attraverso: la prevenzione e quindi un precoce riconoscimento; la valutazione e il trattamento del dolore, ma anche facendo attenzione ai bisogni psicosociali e spirituali della persona ammalata”. Da to cure, che vede al centro la malattia, al to care che mette in primo piano la persona.
Secondo un articolo del 2014 del Journal of American Geriatric Society l’utilizzo delle cure negli ultimi mesi di vita è influenzato in modo rilevante da fattori non clinici, che evidenziano la necessità di allineare i trattamenti con le preferenze individuali. C’è dunque ormai un accordo comune nel ritenere che nel fine vita, per affrontare problemi di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale, un approccio personalizzato, globale e multidisciplinare sia il più adeguato.
La presa in carico del malato terminale multidisciplinare permette di garantire non solo tutte le terapie necessarie, ma i migliori tempi e modi di integrazione delle stesse. A questo scopo è importante nell’equipe di cura, l’inserimento di figure professionali diversificate, necessarie per affrontare con competenza i bisogni del malato nelle diverse fasi della malattia e nella reazione emotiva alla situazione di malattia. In questo quadro anche le tecniche complementari come musico e suonoterapia possono svolgere un ruolo, sia per migliorare i sintomi fisici che la qualità della vita di pazienti, famiglie e operatori sanitari.[1]
Mentre una persona in salute non ha necessità di ricordarsi di stare bene, le condizioni di malattia grave costringono spesso il paziente a non dimenticare di essere una persona malata in una situazione di forte disagio e difficoltà. È proprio in questo modo che il paziente rischia di rimanere immobilizzato dalla propria malattia, dimenticandosi che esiste un Sè sopravvissuto fatto di emozioni, facoltà cognitive, pensieri e ricordi che ancora vivono.
To care: il lavoro con il suono
La musicoterapia non vuole essere una semplice forma di distrazione dalla paura o da incalzanti pensieri di morte: le ricerche hanno dimostrato che questa terapia incrementa il senso di autoefficacia del paziente, ancora in grado di dare vita a dei suoni nell’improvvisazione sonoro-musicale, ancora in grado di emozionarsi ascoltando un suono, nella consapevolezza che finché sarà in vita non sarà solo. (Perdichizzi – 2012). Il lavoro con il suono mira ad arricchire e ampliare l’esistenza lì dove il cammino della malattia ha privato la persona della perdita della propria identità: un corpo trasformato, uno stile di vita modificato, la perdita del lavoro, delle attività, degli interessi.
Negli interventi di suonoterapia come pratica di supporto al paziente terminale la centralità è posta non sulla malattia ma sull’individuo nella sua totalità attivando le risorse interne del paziente e spostando la sua attenzione sullo stato di benessere non condizionato dalla patologia e amplificandone gli aspetti positivi. Ciò permette di migliorare la qualità della vita.
Secondo la consulente per l’ASL 15 di Cuneo, dr.ssa Piera Bagnus (2006) “la finalità ultima di ogni intervento di musicoterapia è la promozione del benessere dell’individuo in termini di armonia ed equilibrio fra le sue varie componenti; per i pazienti dell’hospice significa perseguire obiettivi di prevenzione terziaria, attinente la stabilizzazione di complicanze della malattia già in atto e tendente al miglioramento delle condotte emotive della persona, al fine di recuperare un’accettabile qualità di vita”.
Anche la musicoterapeuta Silvia Genestreti sottolinea come il focus di ogni intervento in questo ambito sia quello di mirare a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo, per permettere una maggiore integrazione sul piano intra e interpersonale migliorando la propria qualità della vita. A seguito di un suo lavoro a fianco di donne colpite al cancro al seno in ambito musicoterapico sostiene che “l’espressione della dimensione creativa ha come finalità generale quella di sviluppare, nella persona, una maggiore consapevolezza della propria parte sana e di liberarla dalla limitazione di un concetto di malattia completamente racchiuso in una situazione di sofferenza ed emarginazione”.
Con queste premesse che mi sembravano doverose per comprendere in quale contesto si inserisce un lavoro di suonoterapia nel fine vita, sembra auspicabile pensare un utilizzo delle campane tibetane nell’accompagnamento a persone con malattie degenerative o a prognosi infausta o in ambito geriatrico. Nell’ambito delle cure palliative la suonoterapia può rivelarsi un approccio efficace a migliorare la qualità di vita dei pazienti agendo sul sollievo dei sintomi, dando sostegno e ascolto ai bisogni psicologici, favorendo l’espressione e la comunicazione e incontrando le diverse esigenze di tipo spirituale.
Lo scopo del massaggio sonoro e delle sedute di armonizzazione e più in generale della suonoterapia in questo contesto, quindi, vuole essere quello di ridurre ansia, stress, depressione e dove possibile anche dolore fisico grazie allo stato di rilassamento che permette di rilasciare tensioni e diminuire la soglia del dolore. Il fine è quello di favorire il benessere dei pazienti e donare un senso di dignità anche a questa fase della vita. Un percorso di suonoterapia, infatti, permette la comunicazione di pensieri ed emozioni difficilmente verbalizzabili come quelle collegate alla paura e alla morte, migliorando l’espressione di sentimenti, passando da uno stato di preoccupazione e tristezza ad uno di maggiore serenità e soddisfazione orientando attenzione ed interesse verso pensieri diversi dalla malattia (Bagnus – 2006).
Gli obiettivi della suonoterapia nell’ambito del fine vita non sono rivolti ad una guarigione fisica del paziente ma si orientano più ad accompagnare, stimolare, gratificare ed innalzare il livello globale di energia, aiutando i pazienti a gestire i cambiamenti di umore, mitigare gli effetti del dolore, aprire nuovi canali di comunicazione, lavorare sulle parti sane e attivare l’accettazione e la dignità della persona, accompagnare al fine vita, creando nuovi canali comunicativi fra i famigliari e l’equipe sanitaria (De Colle, 2014). In hospice la musica diventa uno strumento della relazione (Bagnus, 2002)
Musicoterapia e suonoterapia
Musicoterapia e suonoterapia sono spesso utilizzate come sinonimi ma nonostante i molti punti di condivisione e sovrapposizioni va fatto un opportuno distinguo fra le due.
Il sostantivo Terapia deriva dal gr. therapeía che significa “io mi prendo cura”, “servizio”, “assistenza” ed è l’insieme di azioni e pratiche destinate a far stare meglio l’altro (o noi stessi). Musicoterapia e suonoterapia utilizzano quindi il suono e la musica per prendersi cura delle persone, ma in modi diversi.[2]
La musica si può definire un prodotto artificiale composto da suoni, armonia, melodia e ritmo, il suono è una semplice vibrazione udibile. (Bidin, Pigaiani, Casini, Seghini & Cavanna – 2016).
Più nel dettaglio la Musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive della persona. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale che questi possa meglio realizzare l’integrazione intra- e interpersonale e consequenzialmente possa migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico (Bunt, 1997)
La Suonoterapia Vibrazionale invece è una pratica antichissima basata sull’utilizzo dei suoni e delle frequenze sonoro vibrazionali allo scopo di donare benessere e in generale (ri)donare equilibrio ai sistemi energetici. La suonoterapia vibrazionale, dunque, abbraccia anche gli aspetti energetici con i centri associati, quali i Chakra. Secondo le antiche medicine orientali esiste un complesso sistema energetico composto principalmente dai Chakra (Sistema Energetico Centrale), dai Meridiani (Sistema Energetico Periferico) e da un Sistema Energetico Straordinario. Nella Suonoterapia vengono usati vari strumenti, tra i quali principalmente: campane tibetane ma anche gong, diapason e monocorda. La suonoterapia è una disciplina che si basa in modo fondamentale sull’ascolto empatico, sulla connessione interiore, sull’equilibrio energetico e sull’armonia. Gli effetti del suono sul corpo agiscono su due livelli: un livello meccanico-acustico, dovuto all’ onda di pressione del suono su ogni tessuto del corpo; e un livello elettromagnetico, dovuto al campo elettromagnetico molto debole creato da ogni suono, che colpisce l’acqua corporea, le molecole e le onde cerebrali.
È una disciplina quindi che può offrire un aiuto importante in un contesto di cure palliative.
Le sedute di armonizzazione sonora rientrano nel secondo ambito, quello della suonoterapia dove i suoni vengono utilizzati come fenomeni fisici, indipendentemente dal ritmo o la melodia per creare la risonanza ottimale fra la vibrazione dello strumento (in questo caso la campana, ma può essere anche un diapason o un gong) e il ricevente. Il suonoterapeuta si astiene da strutture melodiche che possano richiamare a precedenti esperienze. La risonanza delle vibrazioni con il corpo del ricevente dettano la modalità ottimale del trattamento di suono.
Musicoterapia
Studi sugli effetti della musicoterapia nel fine vita
Buona parte della letteratura esistente riguardo l’utilizzo del suono nell’ambito del fine vita deriva dalla musicoterapia più che dalla suonoterapia dove le ricerche sono ancora molto esigue e ad un livello pioneristico e sperimentale. Poiché musicoterapia e suonoterapia hanno moltissimi punti di interesse in comune ritengo utile, riportare alcuni dati e ricerche che hanno confermato l’efficacia ed utilizzo degli aspetti sonoro-musicali in ambito soprattutto oncologico. Le ricerche, provenienti in buona parte dall’estero, confermano che la musicoterapia può essere efficace nei pazienti oncologici nell’incrementare il benessere fisico, psicologico e spirituale.
Le ricerche sono prevalentemente di tipo qualitativo: il loro obiettivo è cercare di comprendere la qualità e il significato dell’esperienza della musicoterapia vissuta dai pazienti terminali e in che modo tale esperienza possa influenzare la qualità della loro vita. Se da un lato la musicoterapia ha necessità di dimostrare e quantificare i risultati, dall’altro, essendo una disciplina fondata su aspetti sonoro-musicali, affettivo-relazionali e creativi, si colloca nel paradigma della complessità, e perciò richiede un approccio olistico caratterizzato da aspetti di discontinuità, non linearità e aleatorietà, in un’ottica anti-riduzionistica (Raglio, Ferrara – 2000)
Sono stati condotti studi con pazienti in trattamento oncologico, palliativo e in fin di vita, con metodi e strumenti qualitativi di osservazione e auto-riflessione e quando possibile con interviste o focus groups. I risultati degli studi di tipo qualitativo riportano testimonianze da parte dei pazienti che dimostrano come la musicoterapia sia in grado di contenere le preoccupazioni dei malati e sostenere un auto-espressione positiva, dando loro accesso ad esperienze emotive, sociali e spirituali positive; la musicoterapia rappresenti un’opportunità per affermare la loro vitalità, spesso li accompagna lungo un viaggio e sostiene anche i familiari, adulti e bambini nel processo di elaborazione del lutto.
Di seguito riporto più nel dettaglio i risultati di alcuni degli studi più significativi rispetto agli effetti che la musicoterapia ha riportato a livello fisico, emozionale e psicologico.
BENESSERE FISICO
Uno studio randomizzato controllato (RCT), per verificare l’efficacia sedativa dell’ascolto musicale sul dolore provocato dal cancro, è stato effettuato in due grandi centri ospedalieri di Kaoshiung City, nel sud di Taiwan in collaborazione con i ricercatori della Case Western Reserve University di Cleveland, Ohio (Huang, Good, Zauszniewski, 2010)
Il campione era di 126 pazienti oncologici di cui 62 sono stati inseriti nel gruppo sperimentale e 64 nel gruppo di controllo. Prima di cominciare con la fruizione vera e propria, ogni partecipante del gruppo sperimentale è stato invitato ad ascoltare un breve nastro introduttivo e a scegliere il tipo di musica che pensava lo avrebbe rilassato o distratto meglio.
Nel corso della sperimentazione sono state misurate in primo luogo le caratteristiche di intensità del dolore provocato dal cancro, gli analgesici somministrati ed in circolo al momento della prova, la tipologia di risposte alla musica e le variabili demografiche.
Un nastro della musica scelta è stato utilizzato per l’intervento nel gruppo sperimentale e dato al gruppo di controllo dopo trenta minuti di riposo. L’utilizzo di uno specifico programma statistico (Mancova) ha permesso di rilevare il livello di dolore percepito e di angoscia che si è rilevato essere significativamente più basso nel gruppo soggetto alla musicoterapia recettiva rispetto al gruppo di controllo (p<.001). Sulla base di tutti i risultati ottenuti, gli autori hanno concluso che la musica può essere molto utile ad alleviare le sofferenze dei pazienti affetti da cancro ed è scevra da effetti collaterali (Huang, Good, Zauszniewski, 2010).
Lo studio del 2013 “Music Therapy Reduces Pain in Palliative Care Patients, Randomized Controlled Trial” (Gutgsell, Schluchter, Margevicius, DeGolia, McLaughlin, HarrisWiencek) ha altresì dimostrato, mediante l’utilizzo delle scale Numeric Rating Scale e Funtional Pain Scale, che la diminuzione del dolore è stata pari al 95% nel gruppo di studio rispetto al gruppo di controllo.
BENESSERE EMOZIONALE
Nella primavera del 2009 “La Rivista Italiana di Cure Palliative” ha pubblicato un articolo scritto dalla musicista e musicoterapista Mariagrazia Baroni che riporta una sintesi qualitativa degli interventi musicoterapici svolti fra il 2003 e il 2008 presso l’hospice “Casa Madonna dell’Uliveto” di Albinea, comune in provincia di Reggio Emilia su un totale di 218 pazienti. Le sedute si sono svolte nella camera del malato, quando non era possibile spostarsi, o nella sala della musica. Gli incontri sono stati di tipo individuale con la presenza di familiari, se gradita al malato e se interessati.
Come afferma l’autrice di questo articolo, grazie alla musicoterapia “il tono dell’umore si modifica, il corpo si rilassa dalle tensioni, la mente si distrae dai pensieri pesanti, la persona dimentica il dolore, che coinvolge fisico e psiche, e ha accesso ad una visione di sé altra dal contesto quotidiano della malattia” (Baroni, 2009). La musicoterapia diventa così un modo per facilitare la presa di contatto con la propria situazione e i propri bisogni, anche spirituali (Baroni, 2009). Nella progressione della malattia la musica diventa un mezzo e, allo stesso tempo, una cornice preziosa per uscire dall’isolamento, dal dolore, distrarsi da pensieri ossessivi e pesanti, scoprire e arricchirsi di nuove espressioni musicali, narrarsi in modo simbolico e esprimere, secondo quanto possibile a ciascuno, il proprio mondo interiore (Baroni, 2009).
BENESSERE PISCOLOGICO
In una review effettuata da Marta Gianotti e Paola Bonomini, riportata in un capitolo (La musicoterapia in ambito oncologico e nelle cure palliative Parte III) di “Musicoterapia e Scientificità” (Raglio, 2008), le autrici compiono una selezione scientifica accurata dei più significativi interventi psiconcologici di tipo musicoterapico svolti in ambito oncologico, negli Stati Uniti e in Canada fra il 2001 e il 2004. I risultati di tutti gli studi analizzati sembrano confermare le ipotesi che la musicoterapia possa incrementare il benessere psicologico e spirituale di questi pazienti.
In letteratura scientifica è ormai nota la correlazione tra ansia e malattia neoplastica, con incidenza due volte superiore rispetto ai soggetti non ansiosi. (Celani, Baldaro, Rocchi, & Neri -2001)
In relazione a questo aspetto, è stato effettuato un trattamento musicoterapico (Laurentaci, Cifarelli – 2012) in pazienti con esiti di intervento per neoplasia mammaria, su 28 pazienti che avevano subìto un intervento chirurgico tra il 2008 e il 2011 che, oltre al tradizionale percorso riabilitativo di gestione degli esiti disfunzionali di intervento mammario, hanno deciso di seguire un percorso musicoterapico per migliorare il benessere pisco-fisico e acquisire strumenti adeguati per la gestione dell’ansia. Un focus particolare del trattamento è stato posto sull’accettazione della malattia da parte delle pazienti con relativa diminuzione dell’ansia. Gli interventi musicali sono stati sempre seguiti da un dialogo allargato con il gruppo e con l’osservatore interno (psicooncologa). I risultati finali hanno riportato un miglioramento sia dell’ansia di stato, relativa la situazione contingente della malattia, che di caratterialità di ogni singola paziente ed un miglioramento di alcuni sintomi (cefalea, mialgie etc) ansia correlate. Alcune pazienti che inizialmente non erano propense ad un percorso psicoterapico hanno cambiato idea a seguito del percorso musicoterapico effettuato, rilasciando una serie di difese mentali messe in atto come evitamento della sofferenza. L’iter musicoterapico si è rilevato infine positivo anche per un miglioramento delle interrelazioni familiari e sociali compromesse dall’insorgenza della malattia migliorando la qualità della vita.
La musicoterapia nel fine vita è oggetto d’interesse e utilizzato con successo come parte di alcuni programmi di cure palliative per i pazienti gravemente malati. Tuttavia, nonostante vi sia una notevole ricerca qualitativa in merito, vi è carenza di letteratura di ricerca empirica, soprattutto per quanto riguarda l’efficacia del suono sul lungo termine. Vi èinfatti la necessità di studi con livelli elevati di controllo e con la randomizzazione dei soggetti. Sulla base di questi risultati sarebbe opportuno ampliare la ricerca in questo ambito, effettuando studi che siano il più possibile riproducibili e con meno errori; l’obiettivo è poter offrire una terapia efficace e fornire i migliori interventi clinici per soddisfare al meglio le esigenze dei pazienti e delle loro famiglie in questo difficile momento della vita.
Suonoterapia
Lo stato dell’arte in Italia sull’utilizzo delle campane tibetane nel fine vita
In Italia alcune realtà hanno iniziato ad utilizzare le campane tibetane in hospice, anche se in eventi contestualizzati e circoscritti.
Nel 2021ad esempio si è tenuto un concerto di campane tibetane per i pazienti degli Istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza all’interno della Giornata Nazionale del Sollievo 2021 (promossa per sostenere e testimoniare la cultura del sollievo dalla sofferenza in favore di tutti le persone che si trovano nella fase terminale della loro vita e che non possono più giovarsi di cure destinate alla guarigione). L’Unità di Cure Palliative dell’istituto ha scelto l’armonizzazione sonora delle campane tibetane per alleviare le sofferenze dei pazienti dell’Hospice e agli eventuali familiari in visita, al fine di alleviare le sofferenze fisiche e psicologiche che stanno vivendo[3].
Nel 2019 c/o l’Hospice “S. Maria delle Grazie” di Monza della Fondazione Don Gnocchi ha condotto un progetto sperimentale di suonoterapia dove per tre mesi sono stati eseguiti trattamenti suono-vibrazionali, rivolti ai malati terminali, ai loro familiari e agli operatori sanitari. L’utilizzo del suono e di frequenze armoniche con strumenti come campane tibetane, diapason terapeutici, ed altri – sottolinea Lina Rossini, operatrice e insegnante di tecniche suono-vibrazionali olistiche – ha permesso di lavorare in un contesto sanitario difficile, con l’intento di portare armonia, quiete interiore e benessere psicofisico, fissando come obiettivo primario il miglioramento della qualità della vita. I trattamenti suono-vibrazionali sono un approccio olistico al benessere della persona in senso unitario di corpo, mente, spirito e hanno il preciso scopo di produrre armonia e benessere, mediante l’applicazione di frequenze sonore che interagiscono sul corpo e sulla mente.
I trattamenti ai pazienti dell’Hospice si sono svolti nelle stanze dei pazienti stessi, che sono diventate il setting dell’esperienza. Ciò ha contribuito a rendere più accogliente l’ambiente circostante: il trattamento è iniziato con un piccolo rilassamento iniziale per poi procedere con un lavoro più profondo e incisivo di ogni singolo strumento attorno alla persona, creando così un’armonizzazione sonora o bagno di suoni, in cui il ricevente veniva immerso in una “bolla” di vibrazioni e suoni armonici. Complessivamente sono stati seguiti 17 pazienti in fase terminale ed eseguiti un totale di 50 trattamenti individuali. Dalle testimonianze e dai risultati finali, è emerso un interessante cambiamento dello stato iniziale dei soggetti trattati, passati da stati di stanchezza, agitazione, stress e dolore a chiari stati di rilassamento psicofisico, quiete e momenti di “pace interiore”.
Altrettanto interessante e positiva si è rivelata la sperimentazione sugli operatori sanitari, dove attraverso la compilazione di un questionario si è evidenziato come risultato finale un cambiamento positivo e significativo: maggior benessere psicofisico rispetto allo stato iniziale, con diminuzione di rigidità fisica, ansia e stress per tutti i soggetti trattati. Ogni trattamento, della durata di circa quindici minuti, è avvenuto nella più completa tranquillità, in un setting molto silenzioso: questo ha permesso a ogni singolo operatore di poter staccare dal reparto e dai pensieri, ritagliandosi un momento solo per il proprio benessere.
Sempre dalle parole di Lina Rossini “si deve tener conto che la persona è fatta di diverse dimensioni: fisica, intellettuale, emotiva, sociale e spirituale, ed è quindi di estrema importanza avvalersi sempre di più di un modello di medicina integrata che comprenda la giusta attenzione a tutti questi aspetti dell’essere umano, con una dimensione olistica di cura che contempli una visione totale della persona. Riuscire ad ottenere un momento di pace interiore risulta essere un risultato importante in una situazione così estrema come lo stadio terminale di una malattia”.
Per molti è stata un’esperienza di ascolto e di percezione, di accudimento e di attenzione, di armonia e di consapevolezza, dove gli strumenti ancestrali hanno creato una realtà diversa, di benessere e leggerezza. [4]
Studi sugli effetti della suonoterapia con le campane tibetane nel fine vita
Alcuni studi svolti sull’utilizzo delle campane tibetane in oncologia hanno rilevato i benefici delle stesse sui pazienti coinvolti. Tali dati, anche se necessitano di essere verificati sul lungo termine, mostrano alcuni importanti effetti a breve termine, quali la presenza di un significativo decremento del livello di ansia percepito dal paziente, un aumento del livello di rilassamento e un maggiore controllo del dolore.
Lo studio che ho trovato più interessante è quello del 2016 di Bidin, L., Pigaiani, L., Casini, M., Seghini, P., & Cavanna, L. che ha rilevato come le sedute di massaggio sonoro inducano uno stato di benessere misurabile ed evidente nei pazienti con cancro. Si tratta di uno studio pilota che voleva indagare principalmente la fattibilità in termini di reclutamento, presenza, conformità e solo secondariamente l’efficacia del trattamento rispetto ai parametri rilevati. Per questo ha coinvolto un campione ridotto di 12 pazienti con metastasi cancerogene c/o l’unità oncologica dell’ospedale di Piacenza fra il 2014 e il 2015. I pazienti sono stati sottoposti ad un metodo di suonoterapia, il “Bagno Armonico” che prevede che i pazienti vengano esposti alle vibrazioni derivanti dalle percussioni delle campane, senza alcun intervento verbale né alcun intento dei ricercatori di indirizzare ed influenzare il rilassamento. Poiché le campane tibetane non appartengono alla cultura occidentale non è stato dato alcun riferimento alla cultura buddhista né si è indagata l’inclinazione religiosa dei pazienti, ma ci si è attenuti all’effetto del suono e della vibrazione sul corpo. Sono state utilizzate 3 campane delle dimensioni di 14-16, 23-26 e 28-32 cm caratterizzate dalla presenza di 6/8 armonici. La combinazione di 3 ciotole e di così tanti armonici aveva lo scopo di indurre una maggiore risonanza producendo stati di “super-coerenza” secondo il modello di riferimento dello studio formulato da G. Preparata e E. Del Giudice ovvero la teoria dei “domini di coerenza dell’acqua”[5]. Gli effetti sono stati misurati sia con misuratori soggettivi basati su questionari convalidati che indagassero stress, ansia, depressione, affaticamento e qualità della vita sia con misuratori oggettivi variabilità della frequenza cardiaca, indicatori di Mindfulness attraverso EEG e conduttanza cutanea, battito cardiaco, frequenza respiratoria.
I questionari si sono rivelati totalmente inadeguati a questo tipo di indagine in quanto troppo lunghi, mentre i parametri oggettivi sono stati più significativi. I risultati ottenuti, nonostante i limiti di uno studio così piccolo e non fossero oggetto primario dell’indagine, hanno comunque condotto a considerazioni interessanti.
Si è evidenziata una variazione delle onde cerebrali (in particolare una riduzione delle onde Beta e Alfa) ed una riduzione del battito cardiaco.
Fin dalle prime sedute di armonizzazione si è rilevato come i pazienti sperimentassero un profondo relax e un generale stato di benessere espresso attraverso molte metafore e analogie come “potevo nuovamente parlare con me stesso” o “ho nuovamente sentito la percezione del mio corpo e questo mi ha aiutato a non provare paura” oppure ancora “ho sentito una sensazione di brezza che si portava via ansia e dolore”. L’esposizione al suono delle campane tibetane ha portato ad una riduzione dell’ansia, una abilità di adattamento a fattori stressanti, una riduzione delle attività mentali involontarie grazie ad uno stato mentale in grado di gestire i pensieri e le emozioni, tipiche dei meditatori esperti. La meditazione è una pratica che incrementa l’abilità di gestire spontaneamente i pensieri, di lasciarli andare e svuotare la mente permettendo alle persone di divenire consapevoli, coscienti e di incrementare il loro grado di attenzione.
Gli effetti delle campane tibetane sulla salute umana sono stati analizzati anche in quattro studi[6] sottoposti a revisione paritaria nel 2020 e condotti nei 5 anni precedenti, uno dei quali ha studiato i pazienti con cancro metastatico e un altro quelli con dolore spinale cronico (Stanhope, J., & Weinstein, P. – 2020). L’obiettivo di questo studio era di determinare gli effetti sulla salute umana (benefici o avversi) delle terapie con campane tibetane in qualsiasi popolazione; gli studi sono stati condotti negli USA, in Germania ed in Italia.
Tutti gli studi hanno riportato un impatto benefico sulla salute. I benefici sono stati riportati in termini di diminuzione del disagio, di ansia, depressione, stanchezza, tensione, rabbia, confusione e miglioramenti nella pressione sanguigna, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, saturazione di ossigeno capillare periferico, conduttanza cutanea e valori alfa anteriore-frontale.
Sono stati segnalati miglioramenti in angoscia, ansia, depressione, affaticamento, tensione, rabbia, confusione e vigore, così come miglioramenti nella pressione sanguigna, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, saturazione di ossigeno capillare periferico, conduttanza cutanea.
Tuttavia, i ricercatori evidenziano la carenza di studi (in quanto la ricerca in questo settore è ancora agli esordi) e il potenziale rischio di bias metodologico che non permette un risultato della ricerca solido, ma poiché gli studi analizzati suggeriscono effetti positivi sulla salute, è raccomandabile continuare la sperimentazione. Con un aumento dimensionale e qualitativo di elementi di analisi sarà possibile valutare l’uso delle campane tibetane come terapie low cost e low risk per ridurre la prevalenza e l’impatto di alcune delle condizioni di salute che causano il maggior carico di malattie nel sistema sanitario, incluse la malattia mentale.
Lo studio comparativo del 2019 sull’utilizzo delle campane tibetane ed il loro impatto su stress e variabilità cardiaca rispetto ad un tempo di silenzio ha riportato come le vibrazioni sonore hanno un profondo impatto sul corpo e sulla mente con prove che confermano una riduzione dell’ansia e un aumento del benessere. La ragione probabile per guidare il beneficio è il rilassamento. (Trivedi, G. Y., & Saboo, B. (2019).
Conclusioni
La revisione effettuata, sebbene limitata, contribuisce ad affermare che le terapie sonore offrono un valido supporto alla medicina tradizionale nell’affrontare il dolore fisico, emozionale, psicologico e spirituale dei pazienti terminali. Gli studi presi in esame hanno confermato un miglioramento del benessere delle persone su diversi livelli, dimostrando come l’armonizzazione sonora rappresenti una possibilità, in un contesto multidisciplinare, come ad esempio quello delle cure palliative, di prendersi cura del paziente terminale.
Pur essendo la letteratura in questo campo ancora esigua, gli studiosi interessati al suo approfondimento e alla sua applicazione sono in aumento; quindi, la speranza è che ci siano possibilità di implementare questi studi su scala più ampia e che sempre più realtà che si occupano di fine vita si aprano ad approcci complementari ed integrativi di diverse discipline come questa.
Scopo di questo mio lavoro era quello di compiere un’analisi approfondita dello stato dell’arte attuale per proporre, alle realtà interessate (hospice, case di cura, reparti di lunga degenza, reparti di oncologia) dei progetti di collaborazione che prevedano delle sessioni di armonizzazione sonora rivolte sia ai pazienti terminali che al personale sanitario che se ne prende cura (tale indagine sarà oggetto di una ricerca più approfondita separata).
A tale proposito allego (Allegato A) una bozza di proposta di lavoro da sottoporre agli enti interessati.
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[1] Di Stefano M., in Centri regionali di riferimento, Rete Toscana, Medicina integrata, Azienda usl 2, Notiziario Regionale delle Medicine Complementari, ANNO XI – NUMERO 30 – Novembre 2014
[2] https://www.accademiamedicinavibrazionale.com/blog/musicoterapia-o-suonoterapia
[3] https://www.grupposandonato.it/eventi/giornata-nazionale-sollievo-2021-istituti-zucchi-carate-brianza
[4] Ufficio Stampa Fondazione Don Gnocchi
[5] Secondo la teoria di Del Giudice e Preparata, le attività delle molecole e i loro interscambi nel nostro organismo seguono una organizzazione coerente correlata dall’ordine del campo magnetico prodotto dall’acqua biologica, la quale possiede i propri elementi che oscillano in fase in regioni dette “Domini di Coerenza”; eventuali disarmonie negli equilibri di questo ordine evidenziano la presenza di problematiche nella persona. Per “Domini di Coerenza” s’intendono quindi le capacità di aggregazione e cooperazione coerente dei campi elettromagnetici informati per strutturare sistemi di materia sempre più complessi. Grazie ai campi elettromagnetici vengono “informate” le strutture materiali dove l’acqua costituisce il fondamento e il mezzo per eccellenza atto a trasferire e a organizzare le informazioni
[6] Wepner et al.; Landry; Bidin et al.; Golsby et al.
L’autore
BARBARA VISENTIN, classe 1979, Laurea in Relazioni Pubbliche, ha sviluppato la sua formazione professionale nel mondo delle risorse umane, della formazione e nella comunicazione aziendale. Dal 2011 si avvicina al mondo delle terapie complementari ottenendo il diploma di naturopata nel 2017 e di operatrice olistica specializzata in massaggio sonoro con le campane tibetane nel 2018. L’interesse per l’accompagnamento al fine vita la porta a frequentare nel 2021 il master in Death Studies & the end of Life. E’ volontaria c/o CEAV – Cancro e Assistenza Volontaria di Padova.