Il dolore del lutto e l’importanza della “death-etiquette” online
Di Marianna Martini
Ad oggi nessuno sembra essere esente dalla frenesia della routine quotidiana, in cui si riscontra una non indifferente corsa all’essere “sempre connesso”, nemmeno il dolore, in particolare quello legato alla perdita di una persona cara.
Quante volte ci siamo ritrovati ad apprendere della morte di una persona, amico, conoscente aprendo la home di Facebook o la versione online del giornale locale? Quante volte nella sezione “Ricordi” che ci viene riproposta quotidianamente dal nostro profilo Facebook ci siamo imbattuti in foto o frasi di una persona che oggi non c’è più?
La tecnologia è entrata prepotentemente nelle nostre vite e ha fatto suo uno spazio, anche all’interno del delicato mondo della morte, spaccando, per così dire, in due la società: da un lato possiamo incontrare chi desidera vivere il lutto in silenzio, nell’intimità della propria casa; dall’altro si collocano, invece, coloro che sentono il bisogno di condividere il loro dolore virtualmente, con il mondo intero, perennemente alla ricerca di conforto.
Mi sento spesso chiedere quale sia il comportamento più adatto da attuare, ma come per l’elaborazione del lutto tradizionale, anche qui non è possibile definire un percorso unanime. È, però, importante ricordare come anche il mondo dei social abbia un suo galateo e come sia dunque fondamentale, quando interagiamo in Rete e in particolare quando ci ritroviamo a confronto su tematiche così delicate, rispettare la cosiddetta Net-etiquette, ovvero il galateo digitale.
Cosa ci dice, dunque, la “Death-Etiquette digitale”?
In primis è importante ricordate come, in particolare nella nostra società, la morte sia ancora ritenuto un argomento intimo, privato e fortemente legato alla ritualità della tradizione.
Il connubio social e morte ci pone di fronte a tre principali problemi:
- Se da un lato le nuove tecnologie possono essere più informali di un telegramma dall’altro rischiano di essere molto impersonali o trasmettere un messaggio errato, vedasi, ad esempio, l’uso a volte smodato delle emoticon (che magari, non conoscendone il vero significato, vengono utilizzate a sproposito).
- Quello che pubblichiamo, condividiamo e commentiamo sui social, se non vengono prese determinate precauzioni, resta visibile da tutti i nostri contatti. La persona colpita da un lutto può, dunque, venire a conoscenza che subito dopo averle inviato un commento o messaggio con le condoglianze abbiamo condiviso una ricetta o una foto che ci ritrae spensierati. Non che questo sia sbagliato, ma l’accostamento delle nostre due azioni online può trasmettere erroneamente un messaggio di leggerezza e non condivisione del dolore per la scomparsa di quella persona.
- Infine, ma di fondamentale importanza, ricordiamoci che attraverso le nuove tecnologie possiamo essere molto veloci. Rischiamo così di contattare un familiare della persona deceduta prima che a lui sia stata data notizia della dipartita, pensate ad esempio in caso di incidente stradale o di un figlio che studia o lavora all’estero. Allo stesso modo possiamo, con un semplice click, dar vita ad un processo di commemorazione prima che i familiari ne esprimano la volontà.
Insomma trovare il giusto equilibrio nell’unione tra morte e nuove tecnologie non è per nulla semplice, anche perché come abbiamo ricordato prima siamo fortunatamente tutti meravigliosamente diversi e unici. Ci può, però, venire in aiuto il galateo digitale secondo cui:
- I fatti privati rimangono privati almeno fino al volere della famiglia: se veniamo a conoscenza della morte di una persona non siamo noi a doverne dare notizia sui social, a meno che non sia la famiglia a chiederlo espressamente.
- È importante contattare la persona in lutto in modo poco invasivo: l’obiettivo principe deve essere semplicemente quello di far sapere alla persona che soffre che la stiamo pensando e che, quando vorrà, noi saremo lì per lei. In un momento così particolare ogni contatto è necessario, come necessario è anche saperli mantenere sul lungo periodo.
- Gli argomenti seri, come la morte, richiedono risposte serie: evitiamo quindi l’utilizzo eccessivo di abbreviazioni ed emoticon e, come già detto in precedenza, informiamoci prima sul loro significato (è comprensibile che possa essere difficile scrivere il termine morte ma non è buona norma sostituirlo con emoticon di bare, lapidi o scheletri!)
- Ultimo, ma non meno importante, è il ricordarsi che noi contattiamo la persona in lutto per supportarla nel suo dolore, non per investirla con il nostro, seppure sia esso grande e assolutamente degno di importanza. Quando scriviamo, postiamo e commentiamo la morte di una persona su un social o utilizziamo la tecnologia per metterci in contatto con i suoi familiari è doveroso rimanere focalizzati sulle persone che soffrono e sono maggiormente colpite dalla perdita, evitando messaggi di rabbia nei confronti del defunto (perché mi hai fatto questo?) o del fato (perché proprio lui?) che porterebbero soltanto ad acuire il dolore di chi rimane.
L’autrice
Marianna Martini, psicologa che si occupa di gestione delle emozioni, nuove tecnologie e supporto all’elaborazione del lutto e delle perdite. Seguendo il fil rouge che unisce questi tre argomenti, nel 2018 organizza, a Padova, il seminario “Tra passato rituale e futuro digitale: come cambia il processo di elaborazione del lutto” con relatori di spessore come la dott.ssa Maria Angela Gelati. Da quel momento prende parte a diverse iniziative nel Nord-Est d’Italia cercando di contribuire al diffondersi di una fondamentale cultura della morte. Sul tema ha scritto anche un contributo all’interno del volume “Amori 4.0. Viaggio nel mondo delle relazioni”, edito da Alpes Edizioni e di cui è anche co-curatrice.
E-mail di contatto: marianna.martini.2@gmail.com