Il lutto perinatale al tempo del Coronavirus

Di Erika Zerbini

 

Uno degli aspetti più significativi che ha contraddistinto il periodo di emergenza legato al Covid-19,  è stato la gestione del malato, e poi del defunto, ricoverato nelle strutture sanitarie.

Improvvisamente è stato imposto il divieto di stare accanto al proprio caro ricoverato, durante la malattia, non potendolo più confortare e accompagnare verso la morte; i funerali sono stati vietati, come la possibilità di essere consolati dalla comunità che, nella normalità, si stringe attorno ai dolenti durante i riti di commiato e nel periodo successivo del lutto.

In moltissimi si sono interrogati sugli effetti che tali impedimenti avrebbero avuto sui superstiti.

Proviamo a calarci nei panni di chi ha visto stare male un proprio caro, lo ha accompagnato fino all’ambulanza, per non rivederlo mai più, senza poterlo salutare un’ultima volta, senza nemmeno aver potuto organizzare per lui il funerale: non sale un senso di soffocamento, di incredulità, di incompiuto?

Eravamo in una situazione d’emergenza mai sperimentata prima e le norme che sono state imposte trovano giustificazione proprio nell’eccezionalità del momento, pur non restituendo a nessuno quanto perduto: non resta che trovare strategie per riparare all’irrimediabile.

Ciò che si è verificato durante la fase più acuta dell’emergenza, è la normalità per moltissimi genitori che si trovano a vivere un lutto perinatale.

Proprio così: per molti genitori di piccoli morti in grembo, è normale non poterli abbracciare, salutare, organizzare per loro un funerale, ricevere il conforto della comunità.

Ancora in molti ospedali la prassi è di ignorare che la morte in grembo di un piccolo è per i genitori una vera e propria morte; troppo spesso è ancora considerata come un problema medico da risolvere.

Il lutto perinatale è un lutto disconosciuto.

Le mamme e i papà tornano a casa senza i loro figli, senza sapere che, se avessero voluto, avrebbero potuto dare loro sepoltura, senza poter contare su quelle impalcature che da migliaia di anni ci aiutano ad attraversare il lutto: i riti, il cordoglio collettivo, un tempo dedicato ad elaborare la pena generata dall’assenza dell’amato. Questi genitori saprebbero raccontare con dovizia di particolari, quanto sia destabilizzante passare dalla vita alla morte, col nulla intorno: senza gesti, senza contatto, senza parole, senza lo spazio per il lutto.

Durante questo periodo eccezionale, i genitori che si sono trovati ad affrontare un lutto perinatale, hanno patito le stesse mancanze del resto dei dolenti: è la prima volta che accade un fatto del genere.

Per alcuni il periodo del lutto esperito in quarantena, è stato particolarmente pesante: non poter uscire e trovare distrazione, li ha inchiodati in una pena costante, da cui non potevano fuggire. Nella solitudine e nella staticità forzate, il senso di colpa, il dolore, la frustrazione, hanno trovato terreno fertile in cui prosperare.  Vedersi sospendere gli accertamenti diagnostici, ha congelato la speranza nel futuro: non è possibile immaginare il domani, senza conoscere le cause della perdita; non è possibile cercare strategie per tentare di non trovarsi più nella stessa situazione, senza conoscere le cause che hanno condotto a tale esito.

Eppure alcuni genitori hanno saputo ricavare qualcosa di positivo dalla sospensione della vita ordinaria: senza uscire, hanno potuto evitare gli incontri e si sono sentiti sollevati per non essere costretti a fingere di stare bene; hanno accolto il tempo che avevano a disposizione, non più frenetico come nell’ordinario, per ascoltare le loro emozioni; hanno concesso tempo e spazio alla coppia, potendosi raccontare e talvolta ritrovarsi.

Questo tempo tanto eccezionale, durante il quale abbiamo tutti preso maggiore confidenza con gli strumenti digitali, ha incoraggiato l’apertura di spazi virtuali in cui incontrarsi e raccontarsi: così è nato il gruppo di auto mutuo aiuto online Luttoperinatale.life.

Il gruppo è un luogo reale, sebbene sia virtuale, in cui le perone si sentono unite e in sintonia, possono liberamente incontrarsi, raccontarsi e trovare conforto. Fra tutte le testimonianze che ho raccolto, dei partecipanti al gruppo, su cosa avessero tratto dall’esperienza del lutto vissuto in quarantena, spicca quella di una giovane mamma: «Il lockdown è stato tragico, ma mi ha portato Voi..

L’emergenza Coronavirus ha provato noi tutti profondamente, tuttavia ci ha consegnato alcune evidenze: ha messo in luce quanto sia innaturale e straziante impedire di vivere la morte e il lutto, pertanto mi auguro che acceleri la presa di coscienza sul bisogno anche dei genitori che vivono la morte pre e perinatale, di essere considerati dolenti, avere accesso ai riti e poter contare sul cordoglio collettivo; ci ha mostrato come il digitale possa essere impiegato in modo costruttivo e proficuo; ci ha restituito in modo potente quanto poter essere comunità, presente, attenta e solidale sia vitale per noi esseri umani; ci ha costretto a scavare in noi e scoprire che abbiamo grandi risorse, grazie alle quali possiamo avere fiducia che sapremo persino trovare il modo di attraversare il lutto perinatale, al tempo del coronavirus.

 

 

 

L’autrice

Erika Zerbini, autrice, blogger e facilitatrice di Gruppi di Auto Mutuo Aiuto. Ha pubblicato alcuni testi sull’esperienza del lutto perinatale e sulla maternità, ha fondato e cura i blog Professionemamma.net e Luttoperinatale.life, quest’ultimo in collaborazione con Novella C. Buiani (psicologa perinatale). E’ socia volontaria di A.M.A.Li. Onlus (Auto Mutuo Aiuto Liguria) e facilitatrice del Gruppo AMA Funamboli, dedicato ai genitori in lutto perinatale, che si riunisce settimanalmente presso l’E.O. Ospedali Galliera di Genova.