“Tra musica e magia” (in ricordo di Pino Daniele)

di Bruno Mazzocchi

 

Il rapporto spirituale che molte culture intrattengono con il divino è per lo più legato a forme di divinazione o a rituali magici perseguiti attraverso un linguaggio musicale inizialmente semplice e “primitivo”, successivamente affinato e codificato nel corso dei millenni. La musica è universalmente associata ai riti religiosi perché rappresenta un “metalinguaggio” in grado di toccare tutti i cuori, è cioè un linguaggio universale.

In civiltà musicali come quella indiana, cinese, araba, il linguaggio musicale parla realmente di qualcosa che sta al di là del linguaggio stesso. Forse la musica rappresenta oggi il linguaggio più vicino all’utopia di un linguaggio universale. La musica è utilizzata come una sorta di collegamento con qualcosa di Superiore. Questa funzione di “ponte” verso il soprannaturale e il soprasensibile non è tuttavia limitata, in generale, alle culture orientali. Tutti i mistici, a qualsiasi cultura appartengano, cercano un obiettivo comune: il contatto con Dio. Per questo i mistici, a mio parere, sono per certi versi tutti uguali, siano essi musulmani, cristiani, ebrei o buddhisti.

Oltre al pensiero religioso, anche il pensiero filosofico ha sempre riconosciuto alla musica un ruolo importante. Anche per filosofi non propriamente religiosi (come Henri-Louis Bergson) la musica può rappresentare la via d’accesso all’interiorità, alla spiritualità, La musica è etimologicamente “l’arte delle muse”  (dal greco antico: μουσική – musiké tèchné). E’ da ciò rilevante l’importanza che gli antichi greci diedero a tale arte, l’arte delle arti,  che ha la capacità di donare all’uomo la possibilità di trasformare la semplice aria (le semplici vibrazioni) in qualcosa che trasporta gli animi ben oltre i sensi. La musica è simbolo, nel vero senso etimologico del termine: unisce ciò che è diviso, crea comunione fra sensibile e soprasensibile, fra fedeli, fra persone. Tale unione, in senso pratico e da tutti facilmente comprensibile, prende il nome di bellezza.

Il valore universale della musica, affermato in varie prospettive da molti pensatori ed intellettuali, viene però anche messo in discussione da addetti ai lavori. Mi ha molto colpito la posizione di un grande musicista ed autore contemporaneo, Angelo Branduardi, che l’ha più volte riaffermata. Branduardi sostiene  che “… tutte le cosmogonie nascono dal suono, dalla musica, e musica e spiritualità nascono insieme: la musica è sacra. Tuttavia l’Occidente rinnova la musica mistica tradizionale, inventando l’accordo, la musica tonale, la progressione armonica: in Occidente si introduce una nuova tecnica musicale, che si evolve, grosso modo, da Bach a Wagner. Questo percorso avviene solo in Europa: nel resto del mondo la musica rimane ferma”. Per Branduardi questa è una frattura che, purtroppo, toglie alla musica la sua funzione di linguaggio universale. “Per noi europei – afferma ancora Branduardi – non è concepibile la musica sacra come la ascoltano un islamico o un buddhista, mentre per loro è non è concepibile ascoltare il Requiem di Mozart se non è morto nessuno!!!”

L’autore

Bruno Mazzocchi, Oncologo e geriatra, si occupa da 30 anni di cure palliative. Direttore dell’Hospice “Roberto Ciabatti” di Grosseto e Responsabile dell’UF Cure Palliative di Grosseto e Provincia, ASL SudEst Toscana.

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