RECENSIONE

CESARE PAVESE (1908-1950), poeta e scrittore

VERRÀ LA MORTE E AVRÀ I TUOI OCCHI, in Poesie, Einaudi, Torino 1961.

Per comprendere le ultime poesie inedite scritte da Cesare Pavese nella primavera del 1950 (per l’esattezza dall’11 marzo al 10 aprile), pochi mesi prima di togliersi la vita il 27 agosto dello stesso anno, è bene seguire le indicazioni che lui stesso ci fornisce nel testo realizzato nel febbraio del 1940 e intitolato A proposito di certe poesie non ancora scritte:

 «È un fatto che va osservato: dopo un certo silenzio, ci si propone di scrivere non una poesia ma delle poesie. Si giudica la pagina futura come un esplorazione rischiosa di quello che da domani in poi sapremo fare. […] La poesia che faremo domani ci aprirà alcune porte, non tutte le possibili: verrà cioè un momento che faremo delle poesie stanche, vuote di promessa, quelle appunto che segneranno la fine dell’avventura. […] Non è facile accorgersi quando una simile avventura finisca, dato che le poesie stanche, o poesie-conclusione, sono forse le più belle del mazzo, e il tedio che accompagna la loro composizione non è granché diverso da quello che apre un nuovo orizzonte. […] Devi ora decidere se certe poesie sciolte (non comprese nel primo Lavorare stanca) sono la conclusione di un vecchio gruppo e l’inizio di uno nuovo. Che componendole tu avessi l’intenzione di superare Lavorare stanca, risulta per lo meno dal fatto che allora (inverno 1935) il libro era già in tipografia».

 Sostiamo un attimo sul tema della “poesia stanca”, quale momento di conclusione e superamento del proprio poetare. Alcune di queste poesie Pavese non le incluse nel suo Lavorare stanca, furono quelle che lui chiama “certe poesie sciolte” che determinano la fine di un ciclo e un nuovo inizio. Fra queste, una in particolare, scritta nel settembre del 1940 e intitolata La casa, troverà la propria dimora nel gruppo dei suoi ultimi componimenti inediti. Pavese conclude il suo testo dicendo:

 «Sia detto chiaramente: la tua avventura di domani deve avere altre ragioni. […] Verrà un giorno che una tranquilla occhiata porterà l’ordine e l’unità nel laborioso caos che domani incomincia».

 Questa tranquilla occhiata, nell’avventura di domani, si traduce con Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, poesia scritta il 22 marzo 1950 e che dà il titolo a tutta la raccolta di componimenti inediti ritrovati fra le carte di Pavese in duplice copia, dove a questa poesia seguiva, non a caso, proprio quella de La casa sopramenzionata.

 VERRÀ LA MORTE E AVRÀ I TUOI OCCHI

 Verrà la morte e avrà i tuoi occhi –
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

 Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

 

(Cesare Pavese è stato il primo a portare in Italia L’antologia di Spoon River. Questo crea una continuità con la precedente recensione, continuità che non possiamo garantire in seguito. E porta con sé una riflessione: L’antologia, canto dei morti da tramandare ai vivi, viene accolta da Pavese che ne propone la traduzione e la pubblicazione in Italia. Forse quel canto lo sentì vicino. Forse nelle sue orecchie risuonò più chiaro, più limpido. Forse per lui, fu un richiamo…)

L’autore

Serse Cardellini, poeta, filosofo, antropologo delle religioni, operatore socio-sanitario e operatore in medicina tradizionale cinese. Cofondatore del progetto P.O.A. (Progetto Ospitalità Artisti): progettoospitalitaartisti.wordpress.com