CHIESA CATTOLICO-ROMANA

Il Cristianesimo considera l’essere umano nella sua unicità e nell’inscindibilità
delle sue molteplici dimensioni (fisica, psichica e spirituale)
e considera la vita della persona come un bene sacro ed
indisponibile.
Il prendersi cura della persona nella sua interezza in condizioni di
maggiori fragilità, quali la malattia, l’inizio vita ed il fine vita, rappresenta
l’attualizzazione del messaggio evangelico che intende invitare
ciascuno a non restare indifferente verso “l’altro” che gli è
dato di incontrare ed a condividerne le difficoltà.
Pertanto quello che ci si attende dagli operatori sanitari, nelle varie
figure professionali sia istituzionali sia di volontariato, è un’accoglienza
basata su una relazione autentica che diventa terapeutica
nella misura in cui riesce a comprendere con empatia quanto
espresso dal paziente, sia in modo implicito che esplicito. L’autenticità
della relazione libera anche l’operatore dal logoramento di una
prassi ripetitiva e demotivata, che potrebbe diventare insostenibile,
perché svuotata di senso umano e professionale.
La coscienza, ispirata e sostenuta saldamente dai principi evangelici,
determina e orienta scelte indirizzate alla salvaguardia e alla difesa
della vita in tutte le sue varie fasi, dal concepimento alla fine,
affermandone cosi il valore e il primato.
La persona nella sua globalità viene posta al centro del progetto assistenziale,
che mira a difenderne la dignità, a prescindere dalla sua
condizione sociale, etnica e religiosa. Tale approccio onora la persona
nella fase di malattia, soprattutto quando questa riveste carattere
invalidante ed evolutivo.

La Speranza, dimensione insopprimibile che abita nel cuore dell’uomo,
si alimenta e trova le sue motivazioni proprio nella relazionalità,
che assume un ruolo insostituibile nel rapporto operatore
sanitario-paziente.
Accanto alle piccole speranze quotidiane, che passano attraverso la
fiducia che ogni operatore con la sua competenza professionale
offre, c’è la Speranza che si alimenta nella preghiera che ciascuno,
secondo i propri specifici linguaggi religiosi e le proprie sensibilità,
rivolge al Signore della vita, e che il Cristianesimo, in una visione di
libertà di coscienza e rispetto assoluto, favorisce e condivide.
Per quanto riguarda le esigenze religiose del paziente ricoverato, la
chiesa cattolica si affida all’opera di cappellani, che sono ministri ordinati,
ma possono essere coadiuvati anche da religiosi/e consacrati/e
o fedeli laici designati dal servizio pastorale diocesano.
Questi assistenti religiosi si preoccupano di esprimere vicinanza
umana nel momento del dolore e dei drammatici interrogativi di
senso che si pongono nella condizione di malattia, di affiancare la
preghiera e di somministrare i sacramenti, quando richiesti dal paziente
stesso o dai familiari, qualora l’interessato non potesse farlo
in prima persona.

Fonte: “L’accoglienza delle differenze e specificità culturali e religiose
nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali della Regione Lazio.
Raccomandazioni per gli operatori sanitari da parte delle comunità religiose, Roma 2011.”