CHIESA ORTODOSSA ROMENA

I Padri del IV secolo fondano il loro insegnamento sull’uomo quale
“immagine” di Dio e “somiglianza”(che è contemporaneamente il
modo di essere dell’Immagine e la finalità dell’esistenza umana), attraverso
l’anima e il corpo. E ciò fa dell’uomo non solo una parte del
mondo, ma anche la sintesi del mondo. Egli non è una sintesi “in
piccolo” del mondo (microcosmo), altrimenti, questa qualità, secondo
S. Gregorio di Nyssa, la avrebbero “ugualmente anche i topi
e le zanzare” (Della creazione dell’uomo, XVI, PG 44,184 AB).
L’uomo è coscienza della creazione, capace di contemplarlo e anche
di determinarlo. Attraverso la sua libertà, l’uomo può definire il destino
supremo del cosmo e perciò egli è, per i Santi Padri, anche un
macrocosmo e il mondo può divenire, attraverso lui, un macroanthropos.
La solidarietà dell’uomo con tutti i livelli della creazione significa
una misteriosa risonanza tra uomo e cosmo: il creato intero è chiamato
ad eternizzare la relazione con Dio, ma il suo senso non si potrebbe
realizzare se non nella misura in cui l’uomo si impegna in
una esistenza teocentrica. Infatti, questo sforzo dell’uomo lo fa salire
verso Dio attraverso il cosmo come su una “scala di Giacobbe”, e il
cosmo sale verso Dio attraverso e nell’uomo”(Della creazione dell’uomo,
XVI, PG 44, 177-180A)
Alcuni padri del IV secolo riconoscono la vocazione cosmica dell’uomo
quale sacerdote e imperatore o padrone di esso, mediatore
tra esso e Dio. Il destino dell’uomo determina il destino del mondo
(Rom. 8, 19-21). Perché l’uomo è al contempo miscrocosmo e microtheos,
sintesi dell’universo e immagine di Dio e perché Dio, per trasfigurare
il creato si è fatto Uomo, l’uomo è l’asse spirituale di ogni essere creato.
Una caratteristica essenziale del cristianesimo è che l’uomo aspetta
quello che Dio gli ha preparato come un’ultima realtà, il Suo Regno,
“la vita che verrà”, dove tutto il creato sarà trasfigurato.
La tendenza umana prevalente nella società contemporanea secolare
è quella di non pensare alla morte e di coprire la realtà attraverso
vari sotterfugi. La malattia, l’impotenza e la debolezza nelle
quali il malato si trova aumentano ancora di più la paura e la sofferenza.
In questo momento di difficoltà, l’uomo ha bisogno più che
mai del sostegno e del conforto degli altri. Soprattutto oggi,
quando così tante persone muoiono da sole, lontano dalla famiglia,
finendo la loro vita in una stanza d’ospedale sconosciuta e
fredda. Anche se la loro capacità di comprensione si manifesta a malapena
o sembra essere completamente sbiadita, la sola nostra presenza
al loro capezzale, tranquilla, affettuosa, attenta, è assai utile.

L’Eucarestia
La Chiesa Ortodossa Romena ha ordinato sacerdoti incaricati in
modo particolare per la cura spirituale negli ospedali. Nella tradizione
liturgica della Chiesa ortodossa ci sono due funzioni religiose
per coloro che sono sul letto di morte, insieme con altri
servizi di consulenza spirituale per i cristiani. La più importante
è l’Eucarestia.

La comunicazione tra medico e paziente
Il servizio medico ed infermieristico deve seguire non solo l’obiettivo immediato
di ridare e di migliorare la salute del corpo, ma deve sforzarsi
così che, attraverso una stretta collaborazione con il paziente e la Chiesa,
possa fornire le condizioni ottimali per la crescita spirituale del paziente
in ogni momento della sua vita. Ciò significa la guarigione
delle malattie, e in caso di morte, la riduzione del dolore con
i mezzi appropriati per consentire al paziente di affidarsi a Dio con
fede e speranza, attraverso la preghiera, la confessione e la comunione.
La necessità e l’importanza della comunicazione nella medicina sono
sostenute anche dalla professione medica, nella quale si deve fondere
la “tradizione asclepiana” – di promuovere l’importanza della
conoscenza e degli aspetti tecnici, e la “tradizione samaritana” – la
quale promuove la compassione del medico verso i suoi pazienti, la
buona relazione tra medico e paziente, e il carattere umanistico
della medicina.
In pratica, se si incorporano le peculiarità familiari, sociali, psicologiche
e spirituali del paziente nel contesto generale della sua malattia,
si consente che il rapporto medico-paziente divenga una
autentica relazione terapeutica, che mira come scopo finale alla cura
e al trattamento del paziente nel suo complesso.

Fonte: “L’accoglienza delle differenze e specificità culturali e religiose
nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali della Regione Lazio.
Raccomandazioni per gli operatori sanitari da parte delle comunità religiose, Roma 2011.”