LA CURA DELLA PERSONA NELL’EBRAISMO

La VITA

L’ebraismo attribuisce uno straordinario valore alla vita : “Scegli la vita”(Deut. XXX, 19).
Il paziente, secondo l’ottica ebraica, ha l’obbligo di farsi curare e di preservare la propria vita e salute, come altresì ha il divieto di arrecare un danno a sé stesso. Ugualmente, il medico ha l’obbligo di curare il paziente e non può rifiutarsi di farlo.
L’uomo non è padrone della proprio corpo ma ne è solo il depositario e non può quindi essere l’uomo stesso a decidere quando concludere la propria o altrui vita.
L’omicidio è una delle più gravi proibizioni della Torà e l’eutanasia è assolutamente vietata. La vita ha valore infinito e anche poche ore sono degne di essere vissute.

IL MEDICO

L’Uomo è considerato un “partner” di Dio nella creazione del mondo, nel senso che egli ha il dovere di collaborare con Dio nella conservazione e nello sviluppo del mondo e della civiltà. La ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico non sono mai visti come qualcosa da contrastare, bensì da incoraggiare e da mettere in pratica, soprattutto quando possono portare beneficio all’umanità, per la cura di malattie e in generale per la comprensione delle leggi che governano l’universo e la vita.

MALATTIA E SOFFERENZA

Il dibattito sulla sofferenza è stato affrontato nel mondo ebraico da varie angolazioni: è presente nel Libro di Giobbe, nell’Ecclesiaste e spesso nei Salmi.

La sofferenza viene da Dio ed è una prova che l’uomo può reggere, è un percorso di introspezione per raggiungere il bene. (Pensiamo al sacrificio di Abramo). Dio, comunque, agisce sempre per il nostro bene, anche se spesso non siamo in condizioni di rendercene conto.

Questo non deve influenzare l’obbligo di curare la malattia; noi dobbiamo salvaguardare la nostra vita e la nostra salute ed eliminare la sofferenza. Infatti scopo primario della medicina è perseguire la guarigione del paziente, ma il medico ha anche il dovere di evitarne, rimuoverne o quantomeno alleviarne le sofferenze.

Accoglienza del malato

Negli ultimi anni molte aziende ospedaliere hanno elaborato delle strategie volte a umanizzare le cure e l’assistenza, accogliendo le differenze e specificità culturali e confessionali dei degenti. In questa ottica è certamente di fondamentale importanza costruire un rapporto con i degenti, per comprendere le loro esigenze religiose e culturali, relativamente alla preghiera, alla dieta, allo studio, alla gestione della corporeità, rendendo la permanenza nella struttura ospedaliera un momento nel quale vivere la propria spiritualità allo stesso modo in cui si vive nel quotidiano. Per questo all’arrivo nella struttura è opportuno relazionarsi con il paziente per venire a conoscenza delle sue esigenze particolari, collegate alla sua fede.

Nel 2009 è stato stipulato un accordo tra l’Assessorato alla sanità della Regione Lombardia e la comunità ebraica di Milano a cui fa capo il territorio lombardo per l’assistenza ai pazienti ebrei ricoverati nelle strutture socio-sanitarie. L’accordo è scaricabile al link: www.cadr.it/accordo%20regione%20lombardia%202009.docx.

Visite dei parenti

Le visite dei parenti e degli amici sono molto importanti per il morale del malato, e le strutture sanitarie devono favorirle nei limiti del possibile. Visitare i malati è un obbligo religioso. Chi visita un malato non solo deve occuparsi dei suoi bisogni materiali, ma deve anche pregare per lui. Il visitatore dovrebbe anche fare in modo di tenere alto il morale del malato, cercando di confortarlo. Se la malattia è particolarmente grave, ciascuno ha il dovere di visitare subito il malato. Tutti sono sottoposti a questo dovere senza distinzione di età o di importanza sociale. In particolare, se ci sono dei malati soli o indigenti, è bene recarsi presso di loro, mostrando tutta la propria disponibilità.

DIFFERENZA DI GENERE

Molti ebrei osservanti rispettano delle regole particolari nell’interazione sociale fra uomini e donne, in particolare riguardo al contatto fisico e al trovarsi soli in una stanza chiusa con individui dell’altro sesso. Alcuni preferiscono essere visitati e trattati da medici o infermieri dello stesso sesso, ma non è religiosamente determinante; è più che altro una questione di pudore. L’operatore sanitario dovrebbe mostrare empatia, tenendo quantomeno a mente i possibili impatti di una situazione nuova per il paziente. Questo atteggiamento può rafforzare la relazione operatore-paziente. Molti uomini e donne sposate usano tenere il capo coperto.

Sezione curata da:

AME

Associazione Medici Ebraici

Rosanna Supino

Presidente dell’Associazione Medici Ebraici