Appena prima del silenzio

di Laura Liberale

 

 “Non fare quella faccia”
le tue ultime parole.
Così si chiude un dialogo
lungo trentacinque anni:
con un rimprovero esalato.
Nemmeno da morente
vuoi rinunciare al ruolo
rifiuti la muta di una pelle
ormai inservibile
fino all’ultimo ti ribadisci.
E dunque ancora mi proteggi da me
dagli occhi che divorano in angoscia
la tua morte
specchiandotela infami.
Proteggi e pure chiedi protezione
mi esigi madre e psicopompo
che spenga in volto le spie paurose
e per te accenda
la verosimiglianza della quiete.

 Laura Liberale
(da Ballabile terreo, d’if)

 

 Le ultime parole di chi amiamo. La loro importanza, in quanto ultime, definitive, lapidarie. Parole di paura, rabbia, rimpianto, pacificazione. Parole di gratitudine, cura, lascito, chiarimento, tenerezza, perdono. Parole visionarie, deliranti, beffarde, insensate, o di un senso altro, misterioso.

Si offre qui una raccolta di “ultime parole” di personaggi celebri del passato; un modo per accostarci alla loro umanità, nella sua espressione a un tempo più intima ed esemplare (da Les mots de la fin, di Claude Aveline, Hachette, 1957).

 Teofrasto (372-287 a.C.). Ai discepoli che gli domandano quali siano i suoi ordini: “Non ho nulla da ordinarvi, se non di ricordarvi che la vita ci promette dei falsi piaceri nella ricerca della gloria; ché, quando cominciamo a vivere, dobbiamo morire. Niente è più vano dell’amore per la gloria. Sforzatevi dunque di vivere lietamente (…) Il nulla della vita supera i vantaggi che essa procura. Ma non è più tempo che io vi consigli sul da farsi. Sta a voi occuparvene”.

 Zenone di Cizio (m. 264 a.C.). Si ruppe un dito cadendo, batté la terra con la mano, disse: “Vengo, morte! Perché mi chiami?”, e soffocò.

 Tito Pomponio Attico (109-32 a.C.). Morto volontariamente di fame, a suo genero e a due amici: “Non v’è alcun bisogno che mi dilunghi sull’attenzione, la diligenza che ho posto in questi tempi nella cura della mia salute: ne siete stati testimoni voi stessi. Avendovi, come spero, soddisfatti, e nulla avendo omesso che potesse contribuire alla mia guarigione, non mi resta ora che fare i miei interessi. Non volevo che lo ignoraste. Ho deciso di smettere di nutrire il mio male. Con tutto il cibo che ho preso in questi giorni, non ho che prolungato la mia vita e di conseguenza i miei dolori, senza alcuna speranza di guarire. Vi chiedo dunque, prima di tutto, di approvare la mia intenzione e, poi, di non tentare di dissuadermi”.

 San Tommaso d’Aquino (1225-1274). Ricevendo la comunione alla vigilia della sua morte: “Io ti ricevo, prezzo della mia redenzione, viatico della mia peregrinazione, per il cui amore ho studiato, vigilato, lavorato, predicato e insegnato. Nulla ho mai detto contro di Te, e se l’ho fatto, è a mia insaputa e per ignoranza. Lo sottometto al giudizio della Chiesa Romana, in obbedienza alla quale mi diparto da questa vita”.

 Girolamo Savonarola (1452-1498). Al suo confessore: “Non ho nulla da aggiungere. Pregate per me e dite a quanti mi amano di non scandalizzarsi per la mia morte”.

Thomas Hobbes (1588-1679). “Sto per intraprendere il mio ultimo viaggio: un grande salto nel buio.”

 Luigi XIV (1638-1715). “M’immaginavo che morire fosse più arduo; vi assicuro che non è questa gran cosa; non mi sembra affatto difficile.”

 Charles Churchill (1731-1764). “Che imbecille sono stato!”

 Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). A sua moglie Thérèse: “Consolatevi, vedete ben come il cielo è puro e sereno; è lì che vado”.

Denis Diderot (1713-1784). Ai suoi amici: “Il primo passo verso la filosofia è l’incredulità”.

 George Washington (1732-1799). “Considero la cosa con perfetta rassegnazione”. Al suo segretario: “Me ne vado. Fatemi seppellire decentemente e non permettete che il mio corpo venga messo nella tomba prima che siano trascorsi tre giorni dalla mia morte. Avete inteso?”.

 Friedrich Schiller (1759-1805). “Molte cose mi si fanno chiare e semplici.”

 Lord Byron (1788-1824). “La mia ora è giunta. Poco m’importa di morire… Tuttavia lascio qualcosa di caro al mondo!… Adesso, voglio dormire…”

 Simon Bolivar (1783-1830). Al suo dottore: “I tre grandi personaggi più noiosi della storia sono stati Gesù Cristo, Don Chisciotte e il sottoscritto”.

 Johann Wolfgang Goethe (1749-1832). Al suo segretario:
“Quanti ne abbiamo oggi?”
“22, Eccellenza.”
“Bene. Quindi è iniziata la primavera.”
Poi, nel sogno:
“Non vedete quel bel viso di donna, coi suoi ricci neri, la magnifica carnagione, laggiù, su quello sfondo scuro?”
Infine:
“Aprite le imposte. Luce… Più luce…”.

 Giacomo Leopardi (1798-1837). Al suo amico Antonio Ranieri: “Soffoco Totonno, dammi la luce”.

 Anne Brontë (1820-1849), alla sorella: “Fatti coraggio, Charlotte, fatti coraggio”.

 Edgar Allan Poe (1809-1849). “Signore, salva la mia povera anima!”

 Frédéric Chopin (1810-1849). Al suo dottore, tre giorni prima: “Ora entro in agonia… È un raro favore che Dio fa all’uomo quello di rivelargli l’istante in cui comincia la sua agonia; una grazia che mi è stata concessa. Non disturbatemi”.

 Honoré de Balzac (1799-1850). “Bianchon!… Chiamate Bianchon! Lui mi salverà!…”

 Nikolaj Gogol (1809-1852). Nel delirio: “Avanti, sollevate, caricate, caricate il mulino… Forza, veloci!”.

Charlotte Brontë (1816-1855). Al marito che pregava: “Non sto per morire, vero? Non ci separerà, eravamo così felici”.

Alfred de Musset (1810-1857). “Dormire… finalmente sto per dormire.”

Camillo di Cavour (1810-1861). Alla nipote: “Addio, e grazie ancora, piccola cara!”.

Alexandre Dumas padre (1802-1870). Al figlio:
“Alexandre, dimmi sinceramente… Resterà qualche pagina delle mie?”
“Tranquillo, ne resteranno molte.”
“Me lo giuri?”
“ Te lo giuro.”
Quindi, chiudendo gli occhi:
“È tempo di lasciare il mondo: comincio a credere ai falsi giuramenti!”.

 George Sand (1804-1876). “Mio Dio, la morte! La morte!”

 Fëdor Dostoevskij (1821-1881). Fece aprire a caso dalla moglie la sua vecchia Bibbia. Ella lesse: E Gesù gli rispose: Non trattenermi (…).
“Hai capito? Non trattenermi! La mia ora è giunta, devo morire!”

 Dante Gabriel Rossetti (1828-1882). “Credo che morirò questa notte.”

 Santa Teresa di Lisieux (1873-1897). Alla Madre Priora:
“Madre mia, è forse l’agonia? Sto per morire?”.
Ella rispose:
“Sì, bambina mia, è l’agonia, ma forse Gesù vuole prolungarla di qualche ora”.
Teresa disse, rassegnata:
“Ebbene… avanti… avanti… Oh! Non vorrei soffrire meno”.
Poi, guardando il crocifisso:
“Oh!… Lo amo! Mio Dio, Vi amo!”.

 Lewis Carroll (1832-1898). “Togliete questi guanciali. Non ne avrò più bisogno.”

 Amedeo Modigliani (1884-1920). In ospedale: “Cara Italia”.

 Enrico Caruso (1873-1921). Alla moglie: “Doro… non… riesco più a respirare”.

 Giacomo Puccini (1858-1924). “Elvira… moglie mia… la mia povera moglie!”

 Sarah Bernhardt (1844-1923). Poiché alcuni giornalisti attendevano da più giorni davanti alla porta l’annuncio della sua fine: “I giornalisti mi hanno importunata per tutta la vita. Ora tocca a me indispettirli, facendoli attendere”.

 Franz Kafka (1883-1924). Dice all’amico che gli sostiene la testa, e che lui scambia per sua sorella: “Su, Elli, non così vicino, non così vicino”.

Arthur Conan Doyle (1859-1930). Alla moglie: “Dovrebbero coniare una medaglia per te, con l’iscrizione: Alla migliore di tutte le infermiere”.

 Marie Curie (1867-1934). Al dottore che stava per fargli una puntura: “Non voglio. Voglio che mi lasciate tranquilla”.

Gertrude Stein (1874-1946). “Qual è la domanda?… Qual è la domanda?… Se non c’è domanda, non c’è risposta.”

L’autrice

Laura Liberale, laureata in Filosofia (Università di Torino), è dottore di Ricerca in Studi Indologici (Università La Sapienza di Roma) e ha conseguito il Master in Death Studies & the End of Life (Università di Padova).

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