Il commiato sospeso

Di Mattia Baldovin

Il Tanatoesteta, questa è la mia principale mansione. Nella quotidianità il mio compito è quello di profumare e vestire i defunti e, come ultimo gesto, di occuparmi del loro aspetto estetico, nel rispetto della persona e dei suoi cari.

Per fare questo, bisogna osservare e ascoltare i familiari che, nel raccontarci del proprio beneamato, ci faranno capire chi era e il suo modo di vivere. Noi interveniamo per la dignità del defunto e  per la famiglia, perché abbia un ricordo più sereno possibile.

Questo è l’impegno e metodo che scandisce le mie giornate, i diversi incontri con i familiari, le questioni burocratiche e pratiche.

Tutto si conclude con il servizio finale, il saluto prima della chiusura del feretro, la posa dei fiori sopra la cassa, il ritrovo per la celebrazione o per il saluto nel Campo Santo.

Questi sono tutti passaggi e rituali che nelle mie zone di montagna sono tramandate di generazione in generazione e che noi come operatori abbiamo il dovere di tutelare e preservare, perché parte delle nostre radici.

All’improvviso ci troviamo catapultati, io per primo, nel marasma di questa epidemia, sconosciuta, che crea incertezza e dubbi. Le informazioni arrivano ma penso che siano sempre troppo sporadiche e poco chiare.

Ho una famiglia davanti e subito spiego loro la situazione, ma entrambi siamo nel dubbio (anche se non do a vedere per non recare loro ulteriore pensiero) su cosa si può e non si può fare.

Si contatta il prete che, inizialmente, ha poche informazioni e che ci assicura di aggiornarci. Le ore passano e non sappiamo se sarà possibile salutare, celebrare in privato o nessuna delle due cose. Tutto si ferma quasi fossimo in una realtà parallela.

Infine si scopre che le funzioni sono sospese e possiamo solo dare un saluto nel campo santo o prima della partenza per il tempio crematorio, in forma privata con pochi parenti stretti.

I giorni passano, e insieme all’avanzare dell’epidemia, si fanno più stringenti le limitazioni. Sempre più nasce in me la consapevolezza di quanto questa situazione ci stia mettendo alla prova,  perché non si tratta solo di posticipare o ritardare un servizio, ma anche di parlare con le persone in lutto, in un momento difficile inserito in un contesto nazionale molto complesso.

Inoltre, il pensiero va anche a me stesso, a noi operatori funerari, alle nostre famiglie e ai collaboratori, che si trovano nella medesima situazione.

Da un giorno all’altro si scopre che non arriveranno le forniture dei DPI (dispositivi protezione individuale) e che scarseggia il materiale sanificante, il quale protegge non solo noi, ma anche i nostri familiari e chi si affida al nostro operato.

Allora chiedo informazioni sia di carattere generale sia di sicurezza sanitaria, cercando di sapere quanto è alto il rischio e quale iter dobbiamo seguire, non solo nelle strutture sanitarie ma anche in abitazione.

Ma arriva poco, molto poco, non siamo quasi mai nominati dalle istituzioni, le quali, io credo, non sanno ciò che realmente svolgiamo e facciamo.

Dobbiamo continuare a svolgere il nostro lavoro, non solo per un senso di dovere, ma anche per una forte coscienza, di umana condivisione delle difficoltà, per rivolgere qualche parola alla famiglia, per dire, seppur rispettando le distanze di sicurezza e portando la mascherina al volto, che ci siamo e per cercare la collaborazione di ogni persona, per capire cosa si può o non si può fare per il bene di tutti.

Ad oggi utilizzo questa frase nella mia testa: “Nervi saldi e cuore in mano”. Nervi saldi per affrontare con serietà e lucidità tutte le situazioni che si presentano, cuore in mano perché davvero il cuore ci porta a sconfiggere ogni ostacolo.

Andiamo avanti, pensando al domani, quando tutto sarà finito, quando dovremmo iniziare qualcosa di nuovo e quando sarà importante cominciare a ricordare e a vivere il ricordo là dove non è stato possibile, creando dei punti di riferimento validi e presenti a chi ne avrà bisogno. Il mio pensiero va a tutti, a chi è in prima linea, a chi rispetta le regole e a chi non c’è più, perché non verrà dimenticato.

Io sono Mattia, un Tanatoesteta, un Operatore Funerario e vado avanti, perché amo ciò che faccio. 

 

 

 

L’autore

Mattia Baldovin, Tanatoesteta e Operatore Funerario. Si è formato in Italia con un corso specialistico di Tanatoestetica e  successivamente in Spagna. Dopo aver frequentato, a Milano, un corso di Marketing in ambito funerario, ha partecipato ad una giornata di studio in merito alla Casa Funeraria, ai suoi aspetti progettuali. I suoi interessi convergono negli ambiti psicologici che il lutto comporta e da diverso tempo frequenta corsi e seminari sul tema. Ha lavorato in tre diverse Regioni italiane e ad oggi si occupa di preparazione, ricomposizione della salma, di organizzazione del servizio funebre ed espletamento delle pratiche.

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