Il valore della vita, il valore della morte

di Beatrice Roncato

Sono Beatrice, Tanatoesteta e Cerimoniere funebre. Mi sono avvicinata a questa professione per amore della vita, per prendermi cura di coloro che se ne vanno, in un altrove indefinito. Questo, nel totale rispetto di ogni singola vita vissuta e che ho avuto l’onore di sfiorare con le mani e con i miei occhi.

In queste settimane, però, a causa dell’Emergenza Covid-19, mi sono dovuta fermare: niente cura, niente vestizioni e niente trattamenti di tanatocosmesi.

Tuttavia le Imprese funebri hanno dimostrato di essere più resilienti che mai, davanti all’entrata in scena di una pandemia che ha stravolto la vita, le esistenze, la morte, le morti.

Settimane, giorni di vita e morte digitale: funerali in streaming, al passo con le tecnologie più avanzate, per cui è bastato uno smartphone, una buona connessione e il gioco era fatto.

Niente abbracci, niente carezze ma, soprattutto, niente sguardi di supporto.

Mascherine scomode, mascherine in serie. Abbiamo perso l’identità, privando di essa anche i nostri defunti.

Cosa abbiamo perso? La capacità di un gesto concreto della morte, la visione del proprio caro, la possibilità di una carezza poco prima della chiusura di quel feretro.

Per anni non ci si è resi conto che tale possibilità fosse essenziale per metterci dinanzi alla nostra mortalità e a quella di coloro a cui vogliamo bene.

Per anni abbiamo vissuto nella convinzione che non entrare nella camera ardente prima della cerimonia, non fosse poi così necessario, soprattutto per i bambini. Oggi più che mai ne sentiamo la necessità, e la mancanza. Ci stiamo immergendo in una nuova era di negazione della morte e del morire, seppure imposta per la nostra incolumità.

Dove troveranno conforto le elaborazioni del lutto? Forse, ci abitueremo ancora di più all’idea di una cerimonia persa nell’etere?

Ci disabitueremo ancora di più all’idea di morte, di quella concreta, nonostante oggi ne siamo sommersi? Cosa stiamo perdendo? Saremo in grado di accettare nuovamente la presenza corporea di una salma?

Sono solo alcune domande a cui non so rispondere.

Penso che l’emergenza ci abbia in qualche modo ricongiunti alle nostre più recondite paure.

Alla paura di rimanere soli. Alla paura del “è troppo tardi, adesso”. Alla paura dell’ “avrei potuto, avrei dovuto” con cui spesso facciamo i conti in modo troppo vacuo, quotidianamente.

Penso che tutto questo ci abbia immerso nella concreta autenticità della morte, certezza unica e imprescindibile.

Davanti alla nostra fragilità e caducità, davanti alla terribile fame di immortalità che cammina con noi, ogni giorno.

Siamo fragili, sono fragile.

Ne traggo che, seppure in modo traumatico e fastidioso come quel solito sassolino nella scarpa che non ci lascia camminare, siamo tutti un po’ “alunni” di un’educazione alla morte, violenta, impietosa e, per certi aspetti, beffarda.

Beffardo il modo di morire, sommersi dell’odore nauseabondo di un ospedale, in solitaria, lontano dagli affetti, lontano da casa. Tra l’odore di mensa e di disinfettante e medicinali, come in un quadro di Munch.

E la paura, la paura dell’oblio. 

Beffarda nel prendersi gioco di corpi sopravvissuti ad una guerra per fame e stenti. Violenta, perché lascia l’amaro colpo nello stomaco di non essere preparati, come in fondo, alla morte non lo si è mai.

La mia speranza è che da questo caos pandemico possa nascere un nuovo inno alla Vita, alla gratitudine di essere ancora qui, con coloro che amiamo, che dalle avversità possano germogliare nuovi valori. Soprattutto il valore della Vita e il valore della Morte.

 

 

L’autrice

Beatrice Roncato, dopo la laurea specialistica in Sociologia, si è formata come Tanatoesteta e Cerimoniere funebre. Attualmente frequenta il Master in Death Studies & the End of Life (Università degli Studi di Padova) per acquisire maggiori competenze nel campo della Tanatologia, al fine di offrire un maggior supporto ai dolenti e, soprattutto, una maggiore consapevolezza della morte e del morire.