La legge sul “testamento biologico”
di Serena Marchetti
La legge n.219/2017, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2018 ed entrata in vigore il 31 gennaio 2018 sul testamento biologico intitolata “ Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari”, approvata in via definitiva al Senato con votanti 257 su 259 presenti, di cui 180 favorevoli, 71 contrari e 6 astenuti, il 14 dicembre 2017, era attesa nel nostro Paese da decenni.
L’Italia si uniforma in tal modo ad altri Paesi europei, nel segno della tutela dei diritti civili.
I molti anni di lacuna legislativa sono stati colmati, a fronte delle domande di giustizia che si sono poste, dalle sentenze dei giudici di merito e di legittimità, con la conseguenza di disuguaglianze create dalla non uniformità dei giudicati e dal rinvio a fonti internazionali.
La legge di cui si tratta appare, anche alla luce del bagaglio giurisprudenziale acquisito anche se, come detto contraddittorio, nel complesso, conforme a Costituzione, avendone in particolare rispettato i principi di cui agli artt.li 2, 13 e 32 e conforme ai principi degli artt.li 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: volta a tutelare il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona stabilendo che, “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata” (Art.1 consenso informato).
Se la legge sarà attuata nella pienezza della sua ratio, potrà essere garantito ad ogni individuo, indipendentemente dalla propria malattia e fino alla fine della vita, assistenza commisurata alle sue condizioni ed ai suoi bisogni, nel rispetto delle sue volontà: la legge valorizza ugualmente, da una parte il ruolo determinante di chi ha in gioco la sua salute e la sua vita, in ordine alle decisioni sulla messa in atto e /o sospensione di trattamenti, inclusi quelli rientranti nella categoria dei trattamenti salvavita e dall’altra la competenza e responsabilità professionale degli operatori sanitari, investiti dell’individuazione non solo dei trattamenti proponibili ai fini della guarigione, ma anche delle strategie terapeutiche volte ad alleviare le sofferenze fisiche e psicologiche in caso di malattia a prognosi infausta.
Sono state dettate regole chiare in tema di consenso informato ed in tema di volontà sulle cure espresse in forma anticipata, prevedendo un futura incapacità, con la previsione di modalità volte a dare attuazione concreta al diritto di compiere quelle scelte, evitando in radice che siano altri a doverle compiere, ponendosi del caso anche in contrasto con le convinzioni e l’assetto valoriale dell’interessato.
Analisi degli aspetti più significativi.
Il testo di legge si apre con la prima ed organica disciplina sul consenso informato nel nostro ordinamento che si applica a tutti i trattamenti sanitari, come sopra indicato nell’art.1.
Quanto stabilito mette in relazione due diritti fondamentali della persona: quello dell’autodeterminazione e quello della salute.
Correlata a quanto sopra è la previsione, in un atto normativo generale ed astratto, per la quale viene definito “cura” il tempo della comunicazione tra medico e paziente (Art.1, c.8): assumendosi come implicite le caratteristiche di chiarezza e completezza che la comunicazione deve avere.
I commi 5 e 6 dell’art.1 pongono due punti fermi fondamentali nel dibattito sulla materia in questione: il considerare l’idratazione e la nutrizione artificiale veri e propri trattamenti sanitari – ai quali pertanto si può liberamente rinunciare in ottemperanza all’art. 32, c.2 Cost.- ed esentare da responsabilità civili e penali il medico che adempia le volontà del paziente.
Sono aspetti, i ridetti, che finalmente rispondono all’incertezza che ha caratterizzato fino alla definizione nella legge de qua, il dibattito sulla materia.
Nell’art. 4 vengono previste le disposizioni anticipate di trattamento, le DAT: con le DAT si riconosce al paziente la possibilità di autodeterminare, se in possesso delle proprie facoltà mentali, eventuali trattamenti sanitari che potrebbero riguardalo nel caso in cui non fosse nelle condizioni di prestare il consenso, manifestando la propria volontà per “atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie.”
“Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT in base alla presente legge, anche attraverso i rispettivi siti internet.” (art.4., c.8).
Questo quanto previsto dal dettato normativo, che ha dato prova di vedere tradotte le istanze laiche e liberali, che da più parti provenivano.
A metà maggio 2018, 420 Comuni, su 7.954 italiani, hanno istituito il Registro del testamento biologico, secondo le informazioni in possesso dell’Associazione Luca Coscioni (www.associazionelucacoscioni.it) .
Vi è di più.
“Nonostante lo stanziamento di 2 milioni di euro nel bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018 e 2020, per l’istituzione presso il Ministero della Salute di una banca dati per la registrazione delle DAT, destinata a diventare un vero e proprio registro nazionale dei testamenti biologici, oggi è solo stato costituito un gruppo di lavoro, a cui partecipano rappresentanti del Ministero della salute, delle Regioni e dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali.”(Marco Gentili, copresidente Associazione Luca Coscioni).
Appare dunque evidente che è necessario vigilare sugli adempimenti cui sono tenuti i Comuni che per legge, adesso sono onerati dell’istituzione del Registro di cui si tratta, anche a motivo del fatto che i dati ridetti sono poco confortanti.
E’ necessario che a tutti venga garantita piena informazione sui propri diritti.
L’Associazione Luca Coscioni ha predisposto un modello di denuncia, scaricabile dal sito dell’Associazione medesima, con la quale portare all’attenzione delle relative Procure della Repubblica presso il Tribunale di propria residenza la situazione per la quale i Comuni dichiarassero di non poter accettare le DAT, contravvenendo, di fatto, al disposto normativo in vigore come detto dal 31 gennaio 2018.
Mi pare di poter dire che la cifra specifica della legge 219/2017, che è informata alla dignità della persona, sia quella per la quale, vi si rintraccia “l’identità tra la dignità della persona che muore e la libertà del soggetto morale che ha speso la vita” . (G. Cosmacini)
L’autrice
Serena Marchetti, Avvocato, si occupa da tempo di esecuzione penale.