CHIESA ORTODOSSA

Il paradiso, il purgatorio e l’inferno

Nell’Ortodossia si crede che il Paradiso non sia una realtà statica. L’umanità sarà riportata alla perfezione, ma tale perfezione non è un fine ultimo in sé e per sé: il fine è l’unione con Dio. I tratti negativi che ora caratterizzano la natura umana spariranno, e l’uomo diverrà quanto era stato originalmente. Dato che l’amore e la saggezza di Dio sono infiniti, la progressione costante verso una più profonda comprensione di amore e saggezza sono considerati come una benedizione celeste. Gli ortodossi credono pure che chi rifiuta l’amore e la misericordia divina, si pone in uno stato tale che l’esperienza della presenza divina verrà percepita come insopportabile e dolorosa. Questo è l’inferno il quale, però non è un luogo di assenza di Dio ma uno stato umano in cui Dio non è goduto ma patito.

Per questo tutte le antiche rappresentazioni del Giudizio Universale in Occidente e quelle che ancora oggi si dipingono in Oriente presentano i dannati immersi in un fiume di fuoco che sgorga direttamente dal nimbo della gloria divina di Cristo. L’Ortodossia, fedele alla prassi antica, non crede ad un terzo stato come il Purgatorio, esposto solo molto tardivamente e solo in Occidente. Essa ritiene che, dopo la morte, l’uomo, nella sua ascesa a Dio, debba oltrepassare dei punti di blocco definiti come “stazioni di pedaggio”. Nella sua salita verso Dio l’uomo incontra i “demoni dell’aria” ed è da loro provato, giudicato e tentato. Il giusto che ha vissuto santamente sulla terra attraversa velocemente queste prove senza alcun timore e terrore semplicemente perché, sulla terra, ha già superato vittoriosamente ogni tentazione che lo allontanava da Dio.

Testo provvisorio, tratto da:
“G. A. Carru, M. Chiaretti: Vivere la morte nelle varie religioni. Un momento di mediazione interculturale, Edizione Nuova Cultura, Roma 2009.”